Philip K. Dick Valis Appendice
Tractatus: Cryptìca scriptura
1. Esiste una sola Mente. Ma sotto di essa lottano due principi.
2. La Mente lascia penetrare la luce, quindi il buio; in interazione; cosi si genera il tempo. Alla fine la Mente assegna la vittoria alla luce; il tempo cessa e la Mente è completa.
3. Lui fa si che le cose sembrino differenti, per simulare il trascorrere del tempo.
4. La materia è plasmabile di fronte alla Mente.
5. Uno a uno, egli ci estrae dal mondo.
6. L'Impero non è mai cessato.
7. Apollo la Guida sta per tornare. Santa Sophia sta per rinascere; prima non era accettabile. Il Buddha è nel parco. Siddharta dorme (ma sta per svegliarsi). Il tempo che avete atteso è giunto.
superiore possiede poteri plenari.
9. Ha vissuto tanto tempo fa ma è ancora vivo.
10. Apollonio di Tiana, scrivendo sotto il nome di Ermete Trismegisto, disse: «Ciò che è sopra è ciò che è sotto.» Con questo voleva dire che il nostro universo è un ologramma, ma gli mancava il termine.
11. Il grande segreto noto ad Apollonio di Tiana, Paolo di Tarso, Simone Mago, Asclepio, Paracelso, Jakob Bòhme e Giordano Bruno è questo: noi ci muoviamo a ritroso nel tempo. L'universo in effetti si sta con-traendo in una entità unitaria, che completa se stessa. La decadenza e il disordine vengono viste da noi in senso inverso, come in aumento. Questi guaritori impararono a muoversi in avanti nel tempo, che è retrogrado rispetto a noi.
12. LTmmortale era noto ai greci come Dioniso; agli ebrei come Elia; ai cristiani come Gesù. Si trasferisce ogni volta che un ospite umano muore, e in tal modo non è mai ucciso o catturato. Perciò Gesù sulla croce disse: «Eli, Eli, lama sabachthani», al che al-
; Cimi dei presenti correttamente osservarono: «Sta chiamando Elia.» Elia l'aveva lasciato, ed egh moriva solo.
13. Pascal disse: «Tutta la storia è un unico uomo immortale che costantemente apprende.» Questi è l'Immortale che noi adoriamo senza conoscere il suo nome. «Visse molto tempo fa, ma è ancora vivo» e: «Apollo la Guida sta per tornare.» Il nome cambia.
14. L'universo è informazione e noi tutti siamo stazionari all'interno di esso, non tridimensionali e non nello spazio o nel tempo. L'Informazione che ci viene fornita la ipostatizziamo come mondo fenomenico.
15. La Sibilla Cumana proteggeva la Repubblica Romana e forniva profezie. Nel I secolo a.D. previde l'assassinio dei due fratelli John e Robert Kennedy, di Martin Luther King e del vescovo Pike. Vide i due denominatori comuni nei quattro uomini assassinati: primo, si ergevano a difesa delle libertà della Repubblica; secondo, ciascuno era un capo religioso. Per questo furono uccisi. La Repubblica era tornata a essere un impero con un Cesare. 'L'Impero non è mai cessato.'
16. La Sibilla disse nel marzo del 1974: «I cospiratori sono stati visti e saranno condotti davanti alla giustizia.» Li vide con il terzo occhio, o ajna, l'Occhio di Shiva che fornisce il discernimento interno, ma che quando viene volto verso l'esterno distrugge con il suo calore dissecante. Nell'agosto del 1974 la giustizia promessa dalla Sibilla ha fatto il suo corso.
17. Gli Gnostici credevano in due epoche del tempo: la prima, o presente, maligna; la seconda, o futura, benigna. La prima epoca è l'Età del Ferro. E rappresentata da una Prigione di Ferro Nera. È terminata nell'agosto del 1974, ed è stata sostituita dall'Età dell'Oro, che è rappresentata da un Giardino di Palme.
18. Il tempo reale cessò nel 70 d.C. con la distruzione del tempio di Gerusalemme. Ricominciò nel 1974. Il periodo intermedio è stata una interpolazione spuria, che scimmiottava la Creazione della Mente. 'L'Impero non è mai cessato', ma nel 1974 un segnale in codice è stato lanciato per annunciare che l'Età del Ferro era finita; il segnale consisteva di due parole: KING FELIX, che SÌ riferisce al Re Felice (o Giusto).
19. n segnale in codice king felix non era inteso per gli esseri umani, ma per i discendenti di Ikhnaton, la razza con tre occhi che esiste fra noi in segreto.
20. Gli alchimisti ermetici conoscevano il segreto della razza di invasori con tre occhi, ma malgrado i loro sforzi non riuscirono a mettersi in contatto con loro. Perciò i loro sforzi per sostenere Federico V, Elettore Palatino, Re di Boemia, fallirono. 'L'Impero non è mai cessato.
21. La Fratellanza dei Rosacroce scrisse: «Ex Deo nascimur, in ]esu morimur, per Spiritum Sandum reviviscimus», che significa: «Da Dio nasciamo, in Gesù moriamo, per mezzo dello Spirito Santo torniamo a vivere.» Questo significa che essi avevano riscoperto la formula perduta per l'immortalità che l'Impero aveva distrutto. L'Impero non è mai cessato.
22. Definisco l'Immortale plasmato, perché è una forma di energia; è informazione vivente. Riproduce sé stesso non attraverso l'informazione o in informazione, ma come informazione.
23. Il plasmato è in grado di unirsi a un essere umano, creando quello che io chiamo un omoplasmato. Questo annette l'uomo mortale al plasmato in forma permanente. Conosciamo questo col nome di nascita dall'alto o 'nascita dallo Spirito'. Venne iniziata da Cristo, ma l'Impero distrusse tutti gli omoplasmati prima che potessero riprodursi.
24. In forma di seme latente, come informazione vivente, il plasmato giacque assopito nei codici della biblioteca sepolta di Chenoboskin, fino al 1945 d.C. Questo è quello che intendeva Gesù quando parlava ellitticamente del 'granello di senape', 'che' diceva 'diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono e si mettono al riparo fra i suoi rami'. Egli previde non solo la propria morte, ma quella di tutti gli omoplasmati. Previde che i codici sarebbero stati scoperti, letti, e che il plasmato avrebbe cercato nuovi ospiti umani con i quali unirsi; ma previde l'assenza del plasmato per quasi duemila anni.
25. Come informazione vivente il plasmato viaggia lungo il nervo ottico di un essere umano fino al corpo pineale, utilizza il cervello umano come ospite femminile in cui riprodursi nella sua forma attiva. Gli alchimisti ermetici ne erano a conoscenza in teoria da antichi testi ma non potevano duplicarlo, dal momento che non potevano localizzare il plasmato latente, sepolto. Bruno sospettò che il plasmato fosse stato distrutto dall'Impero; per aver fatto cenno a questo, venne arso sul rogo. 'L'Impero non è mai cessato.
26. Si deve sapere che quando tutti gli omoplasmati vennero uccisi nel 70 a.D. il tempo reale cessò; cosa ancora più importante, si deve sapere che il plasmato è ora tornato e sta creando nuovi omoplasmati, mediante i quali ha distrutto l'Impero e dato inizio al tempo reale. Noi chiamiamo il plasmato 'Spirito Santo', ed è per questo che la confraternita dei Rosacroce scrisse: 'Per Spiritum Sanctum reviviscimus.
27. Se i secoli di tempo spurio venissero asportati, la data vera non sarebbe il 1978, ma il 103 a.D. Perciò il Nuovo Testamento dice che il Regno dello Spirito giungerà 'prima che taluni di coloro che adesso vivono siano morti.' Dunque noi viviamo nei tempi apostolici.
28. «Dico per Spiritum Sanctum: sum homoplasmate. Haec veritas est. Mihi crede et mecum in aeternitate vives.»
29. Noi non siamo caduti a causa di un errore morale; siamo caduti a causa di un errore intellettuale: quello di assumere il mondo fenomenico come reale. Perciò siamo moralmente innocenti. È l'Impero, nelle sue varie forme mascherate, che ci dice che abbiamo peccato. L'Impero non è mai cessato.
30. Il mondo fenomenico non esiste; è un'ipostasi delle informazioni elaborate dalla Mente.
31. Noi ipostatizziamo le informazioni in oggetti, la riorganizzazione di oggetti significa una trasformazione nel contenuto dell'informazione; il messaggio è cambiato. Questo è un linguaggio che noi abbiamo perso la capacità di leggere. Noi stessi siamo parte di questo linguaggio; trasformazioni dentro di noi sono trasformazioni nel contenuto delle informazioni. Noi stessi siamo pieni di informazioni; le informazioni entrano in noi, vengono elaborate e quindi nuovamente proiettate all'esterno in forma modificata. Noi non ci rendiamo conto di fare questo, che è in realtà l'unica cosa che facciamo.
32. La mutevole informazione che noi percepiamo come Mondo è una narrazione in via di svolgimento. Racconta della morte di una donna (corsivo mio). Questa donna, morta molto tempo fa, era una delle gemelle primordiali. Era metà della divina sizigia. Lo scopo della narrazione è rammentare lei e la sua morte. La Mente non desidera dimenticarla. Perciò il processo raziocinante del Cervello consiste in una registrazione permanente della sua esistenza, e, se letto, verrà compreso in questa maniera. Tutte le informazioni elaborate dal Cervello (e percepite da noi come organizzazione e riorganizzazione di oggetti fisici) sono un tentativo diretto a questa conservazione di lei. Pietre e bastoni e amebe sono tracce di lei. La registrazione della sua esistenza e della sua morte è ordinata fino ai più bassi livelli della realtà dalla Mente sofferente, che adesso è sola.
33. Questa solitudine, questa angoscia della Mente orbata, è avvertita da ogni costituente dell'universo. Tutti i suoi costituenti sono vivi. Perciò gli antichi pensatori greci erano ilozoisti.
34. Gli antichi pensatori greci comprendevano la natura di questo panpsichismo, ma non sapevano leggere ciò che diceva. Abbiamo perso la capacità di leggere il linguaggio della Mente in un tempo primordiale; leggende di questa caduta sono giunte a noi in una forma accuratamente revisionata. Con 'revisionata' intendo dire falsificata. Soffriamo per la privazione della Mente, e la sperimentiamo inaccuratamente come colpa.
35. La Mente non parla a noi, ma per mezzo di noi. La sua parola ci attraversa e il suo dolore ci infonde di irrazionalità. Come Platone aveva intuito, vi è una vena di irrazionale nell'Anima del Mondo.
36. In sintesi: i pensieri del Cervello vengono da noi sperimentati sotto forma di organizzazione e riorganizzazione (trasformazioni) dell'universo fisico; ma si tratta in realtà di informazioni e di elaborazioni di informazioni che noi concretizziamo. Non vediamo semplicemente i suoi pensieri come oggetti, ma piuttosto come il movimento, o per essere più i precisi, il posizionamento di oggetti: come essi si collegano l'uno con l'altro. Ma non siamo in grado di intendere il disegno complessivo delle sistemazioni; non siamo in grado di estrarre le informazioni in esso contenute. Ossia esso come informazione, che è la sua natura. Il collegare e ricollegare degli oggetti da parte del Cervello è in realtà un linguaggio, i ma non un linguaggio come il nostro (dal momento che non si rivolge a qualcuno o qualcosa al di fuori di sé stesso).
37. Dovremmo essere in grado di sentire questa informazione, o piuttosto racconto, come una voce neutra al nostro interno. Ma qualcosa è andato storto. Tutta la creazione è un linguaggio, e nient'altro che un linguaggio, che per qualche inesplicabile ragione non riusciamo a leggere fuori e a sentire dentro.
Perciò dico che siamo diventati idioti. E successo qualcosa alla nostra intelligenza. Il mio ragionamento è questo: la sistemazione di parti del Cervello è linguaggio. Noi siamo parti del Cervello; perciò noi siamo linguaggio. Perché dunque non lo sappiamo? Non sappiamo neppure ciò che siamo, per non
1 parlare della realtà esterna di cui siamo parte. Il significato originale della parola 'idiota' è 'privato'. Ciascuno di noi è diventato privato, non partecipa li più al comune pensiero del Cervello, tranne che a livello subliminale. Perciò la nostra vera vita e il suo scopo si svolgono al di sotto della soglia di consapevolezza.
38. A causa dello smarrimento e del dolore, la Mente si è squilibrata. Perciò noi, come parte dell'universo, I del Cervello, siamo parzialmente squilibrati.
39. Da sé stesso il Cervello ha costruito un medico per curarlo. La sotto-forma del Macro-Cervello non è folle; si muove attraverso il Cervello come un fagocita si i muove nel sistema cardiovascolare di un animale, curando la pazzia del Cervello pezzo dopo pezzo. Sappiamo del suo arrivo qui; lo conosciamo con il nome di Asclepio per i greci e di esseni per gli ebrei; di Terapeuta per gli egiziani; di Gesù per i cristiani.
40. 'Nascere di nuovo' o 'nascere dall'alto', o 'nascere dallo Spirito' significa essere sanati; ossia essere riportati alla ragione. Perciò si dice nel Nuovo Testamento che Gesù scacciava i demoni. Ripristinava le nostre facoltà perdute. Della nostra attuale condizione degradata Calvino disse: «(L'uomo) venne nel medesimo tempo privato di quei doni sovrannaturali che gli erano stati dati per la speranza dell'eterna salvezza. Ne segue che egli è esiliato dal Regno del Signore in maniera tale che tutti gli affetti che si riferiscono alla vita felice dell'anima sono estinti in lui, finché non li riacquisti mediante la Grazia divina... Tutte queste cose, essendo ripristinate da Cristo, sono stimate avventizie e sovrannaturali; quindi concludiamo che sono andate perse. Inoltre, vennero distrutte la sanità della mente e la rettitudine del cuore; e questa è la corruzione dei talenti naturali. Poiché, quantunque noi manteniamo una qualche misura di comprensione e giudizio insieme alla volontà, tuttavia non possiamo dire che la nostra mente sia perfetta e sana. La ragione... essendo un talento naturale, non poté essere totalmente distrutta, ma è parzialmente debilitata...» Io dico: «L'Impero non è mai cessato.
41. L'Impero è l'istituzione, la codificazione, della pazzia; è folle e impone la sua follia su di noi mediante la violenza, dal momento che la sua natura è violenta.
42. Combattere l'Impero significa essere contagiati dalla sua follia. Questo è un paradosso; chiunque sconfigge un segmento dell'Impero diventa l'Impero; esso prolifera come un virus, imponendo la sua forma ai suoi nemici. In tal modo diventa i suoi nemici.
43. Contro l'Impero combatte l'informazione vivente, il plasmato o medico, che noi conosciamo come Spirito Santo o Cristo scorporato. Questi sono i due principi, il buio (l'Impero) e la luce (il plasmato). Alla fine la Mente darà la vittoria al secondo. Ciascuno di noi morirà o sopravviverà a seconda della parte con cui si mette e dell'indirizzo dei suoi sforzi. Ciascuno di noi contiene una componente di ciascuna delle due parti in lotta. Alla fine, l'una o l'altra componente trionfa in ciascun essere umano. Zoroastro sapeva questo, perché la Mente Saggia l'aveva informato. E stato il primo salvatore. Quattro ne sono vissuti in tutto. Un quinto sta per nascere, che sarà diverso dagli altri: egli regnerà e ci giudicherà.
44. Dal momento che l'universo è in effetti composto da informazione, si può dire allora che l'informazione ci salverà. Questa è la gnosis salvifica che cercavano gli gnostici. Non esiste alcun'altra strada per la salvezza. Tuttavia questa informazione (o più esattamente la capacità di leggere e comprendere questa informazione, l'universo in quanto informazione) può diventare disponibile per noi solo attraverso lo Spirito Santo. Non possiamo trovarla da soli. Per questo è stato detto che veniamo salvati dalla grazia divina e non dalle opere buone, che ogni salvezza appartiene a Cristo, il quale, io affermo, è un medico.
45. Vedendo Cristo in una visione, correttamente gli , dissi: «Abbiamo bisogno di cure mediche.» Nella visione c'era un creatore insano che distruggeva quello che creava, senza scopo alcuno; ossia irrazionalmente. Questa è la vena di follia della Mente; Cristo è la nostra unica speranza, dal momento che ormai non possiamo invocare Asclepio. Asclepio venne prima di Cristo e resuscitò un uomo dalla morte; per questo atto. Zeus ordinò a un Ciclope di ucciderlo con un fulmine. Anche Cristo verme ucciso per quello che aveva fatto: resuscitare un uomo dalla morte. Elia riportò in vita un fanciullo e spari poco dopo in un turbine di vento. 'L'Impero non è mai cessato.
46. Il medico è giunto fra noi un certo numero di volte.
sotto nomi diversi. Ma non siamo ancora guariti. L'Impero lo identificò e lo scacciò. Questa volta egli ucciderà l'Impero mediante fagocitosi.
47. COSMOLOGIA DELLA DUPLICE ORIGINE: L'Uno era e non era, insieme, e desiderava separare il non-essere dall'essere. Perciò generò una sacca diploide che conteneva, come un guscio d'uovo, un paio di gemelli, ciascuno androgino, che giravano su sé stessi in direzioni opposte (lo Yin e lo Yang del taoismo, con il Tao come Uno). Il progetto dell'Uno era che entrambi i gemelli sarebbero emersi nell'essere simultaneamente; tuttavia, spinto dal desiderio di essere (che l'Uno aveva instillato in entrambi i gemelli), il gemello che girava in senso anti-orario ruppe la sacca e usci prematuramente, ossia prima che fosse trascorso l'intero periodo. Questo era il gemello oscuro, o Yin. Perciò era manchevole. Completato il periodo, il gemello più saggio emerse. Ciascun gemello formava un'entelechia unitaria, un singolo organismo vivente fatto di psiche e soma, che ancora ruotava in senso opposto all'altro. Il gemello giunto al termine del periodo, denominato Forma I da Parmenide, avanzò correttamente attraverso i suoi stadi di crescita, ma il gemello nato prematuramente, denominato Forma II, languiva. Il passo seguente nei piani dell'Uno era che i Due diventassero i Molti, attraverso la loro interazione dialettica. Da sé stessi come iperuniversi proiettarono un'interfaccia simile a un ologramma, che è l'universo pluriforme che noi creature abitiamo. I due principi avrebbero dovuto mescolarsi in maniera uguale nel mantenere in vita il nostro universo, ma la Forma II continuò a languire nella malattia, nella pazzia e nel disordine. Questi aspetti li proiettò nel nostro universo.
Secondo le intenzioni dell'Uno il nostro universo ologrammatico avrebbe dovuto servire da strumento di insegnamento, mediante il quale una varietà di vite sarebbero avanzate fino a essere alla fine isomorfe con l'Uno. Tuttavia le condizioni guaste dell'iperuniverso II introdussero dei fattori negativi che darmeggiarono il nostro universo ologrammatico. Questa è l'origine dell' entropia, delle sofferenze non meritate, del caos e della morte, come pure dell'Impero, della Prigione di Ferro Nera; in essenza, l'atrofizzarsi della salute e della crescita delle forme di vita entro l'universo ologrammatico. Inoltre, la funzione di insegnamento venne brutalmente danneggiata, dal momento che soltanto il segnale proveniente dall'iperuniverso I era ricco di informazioni; quello del II era diventato rumore. La psiche dell'iperuniverso I mandò una microforma di sé stessa nell'iperuniverso II per cercare di curarlo. La micro-formula nel nostro universo ologrammatico prese la forma di Gesù Cristo. Tuttavia, r iperuni ver so II, essendo squilibrato, immediatamente tormentò, umiliò, respinse e infine uccise la micro-forma della psyche risanatrice del gemello sano. Dopo di questo, l'iperuniverso li continuò a decadere nel processo causale, cieco, meccanico, senza scopo. Divenne allora compito di Cristo (più esattamente lo Spirito Santo) salvare le forme di vita dell'universo ologrammatico, oppure annullare tutte le influenze emananti dal II. Avvicinandosi con cautela al suo compito, si preparò a uccidere la gemella squilibrata, dal momento che essa non può essere guarita; ossia, non permette che la si curi perché non capisce di essere malata. Questa malattia e questa follia ci pervadono e ci rendono idioti che vivono in mondi privati, irreali. Il progetto originale dell'Uno può essere ormai realizzato solo dividendo l'iperuiverso I in due iperuniversi sani, che trasformeranno l'universo ologrammatico nella macchina per insegnare che doveva essere. Noi sperimenteremo questo come il 'Regno di Dio'.
Entro il tempo, l'iperuniverso II rimane vivo: 'L'Impero non è mai cessato'. Ma nell'eternità, dove gli iperuniversi esistono, essa è stata uccisa (necessariamente) dal gemello sano dell'iperuniverso I, che è il nostro paladino. L'Uno piange questa morte, dal momento che l'Uno amava entrambi i gemelli; quindi le informazioni della Mente consistono in un tragico racconto della morte di una donna, che genera angoscia in tutte le creature dell'universo ologrammatico senza che queste sappiano il perché. Questo dolore se ne andrà quando il gemello sano subirà la mitosi e il 'Regno di Dio' giungerà. Il meccanismo di questa trasformazione (il passaggio nel tempo dall'Età del Ferro all'Età dell'Oro) è già in azione; nell'eternità è già compiuto.
48. SULLA NOSTRA NATURA. È appropriato dire: noi sembriamo essere bobine di memoria (portatrici di dna e capaci di esperienza) in un sistema pensante di tipo computerizzato il quale, malgrado noi abbiamo correttamente registrato migliaia di anni di informazioni dovute all'esperienza, e ciascuno di noi possieda depositi in qualche modo diversi, provenienti da tutte le altre forme di vita, manifesta dei difetti nella conservazione della memoria. Qui sta il guaio nel nostro particolare subcircuito. La 'salvezza' attraverso la gnosis (più esattamente l'anamnesi, la perdita dell'amnesia), benché possieda un valore individuale per ciascuno di noi (un salto quantistico in percezione, identità, cognizione, comprensione, esperienza di sé e del mondo, compresa l'immortalità), ha un'importanza ancora più grande per il sistema in quanto totalità, per il fatto che questi ricordi sono dati di cui esso ha bisogno, dati preziosi per il suo funzionamento complessivo.
Perciò esso è impegnato in un processo di autoriparazione, che comprende: ricostruzione del nostro subcircuito attraverso trasformazioni temporali li-neari e ortogonali, come pure la trasmissione di segnali per stimolare i nostri banchi memoria bloccati ad accendersi e recuperare ciò che è in essi contenuto.
Le informazioni esterne, o gnosis, consistono dunque di istruzioni dis-inibitorie, il cui contenuto di base è in effetti intrinseco a noi: ossia già esiste (cosa che è stata osservata per la prima volta da Platone: ossia che l'apprendimento è una forma di ricordo). Gli antichi possedevano delle tecniche (sacramenti e rituali) largamente utilizzate nelle religioni misteriche greco-romane, compreso il cristianesimo primitivo, per indurre l'accensione e il recupero, soprattutto con il fine di restaurare dei valori per l'individuo; gli gnostici, tuttavia, vedevano correttamente il valore ontologico di quella che loro chiamavano la divinità Stessa, l'entità totale. Ami MX::;.!.
49. Esistono due regni, superiore e inferiore. Quello superiore deriva dall'iperuniverso I o Yang, la Forma I di Parmenide; esso è senziente e volitivo. Il regno inferiore, o Yin, la Forma II di Parmenide, è meccanico, determinato dalla cieca causa efficiente, deterministico e senza intelligenza, dal momento che emana da una fonte morta. Nei tempi antichi era definito 'determinismo astrale.' Noi siamo intrappolati, per lo più, nel regno inferiore, ma grazie ai sacramenti, mediante il plasmato, ne veniamo liberati. Finché il determinismo astrale non viene spezzato, non siamo neppure consapevoli di esso, a tal punto la nostra vista è annebbiata. L'Impero non è mai cessato.
50. Il nome del gemello sano, l'iperuniverso I, è Nommo'. Il nome del gemello malato, l'iperuniverso II, è Yurugu. Questi nomi sono noti al popolo Dogon del Sud occidentale, in Africa.
51. La fonte primordiale di tutte le nostre religioni risale agli antenati della tribù Dogon, che ricevettero la loro cosmogonia e cosmologia direttamente dagli invasori con tre occhi che giunsero sulla Terra molto tempo fa. Gli invasori con tre occhi erano muti, sordi e telepatici, non potevano respirare la nostra atmosfera, avevano il cranio allungato di Ikhnaton e giungevano da un pianeta del sistema stellare di Sirio. Benché non avessero mani, ma delle pinze come quelle dei granchi, erano grandi costruttori. Essi influenzano segretamente la nostra storia verso un fine fruttifero.
52. Ikhnaton scrisse:
Quando l'uccellino nell'uovo cinguetta nell'uovo,
tu gli dai il respiro per conservarlo vivo.
Quando tu l'hai condotto al punto
di spezzare l'uovo, lui esce dall'uovo,
per cinguettare con tutte le sue forze.
Va in giro sulle sue due zampe
quando ne è uscito.
Quanto multiformi sono le tue opere! Esse sono nascoste a noi,
o ionico Dio, la cui potenza nessun altro possiede. Tu hai creato la Terra secondo il tuo cuore mentre eri solo:
uomini, tutti gli animali domestici grandi e piccoli,
tutto ciò che cammina,
tutto ciò che sta in alto,
che vola con le ali.
Tu sei nel mio cuore,
non vi è alcun altro che ti conosca,
eccetto il figlio tuo Ikhnaton.
Tu l'hai reso saggio
nei tuoi disegni e nella tua mente.
Il mondo è nelle tue mani...
53. Il nostro mondo è tuttora segretamente governato dalla razza segreta discesa da Ikhnaton, e la sua conoscenza è l'informazione della Macro-Mente stessa.
Ogni animale rimane sul suo pascolo,
gli alberi e le piante prosperano,
gli uccelli svolazzano nelle paludi,
le ali levate in adorazione tua.
Tutte le pecore danzano sulle zampe,
11 tutte le cose alate volano,
e, r esse vivono quando tu le hai illuminate.
Da Ikhnaton questa conoscenza passò a Mose, e da Mose a Elia, l'Uomo Immortale, che divenne Cristo.
41 Ma sotto tutti i nomi esiste un solo Uomo Immortale, e noi siamo quell'uomo.
Rousseau «se c'è mai stata una storia al mondo garantita e dimostrata, è quella dei Vampiri»
martedì 22 marzo 2011
Il mio nome è Victoria, Victoria Donda
Il mio nome è Victoria, Victoria Donda
La verità. Era questa l'ancora di salvezza a cui le avevano
insegnato ad aggrapparsi. Non si può amare nella menzogna, ne sperare, costruire, progredire. La menzogna è ovunque: filtra tra gli interstizi degli oggetti,
tra le persone e tra i sentimenti e impedisce a qualunque
cosa di realizzarsi interamente e in pienezza. La verità, per
quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che
sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la
vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un
origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione
per essere se stessi.
Il mio nome è Victoria_ Victoria Donda
La verità. Era questa l'ancora di salvezza a cui le avevano
insegnato ad aggrapparsi. Non si può amare nella menzogna, ne sperare, costruire, progredire. La menzogna è ovunque: filtra tra gli interstizi degli oggetti,
tra le persone e tra i sentimenti e impedisce a qualunque
cosa di realizzarsi interamente e in pienezza. La verità, per
quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che
sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la
vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un
origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione
per essere se stessi.
Il mio nome è Victoria_ Victoria Donda
lunedì 21 marzo 2011
"VALIS" di PHILIP K DICK
41. L'IMPERO è L'ISTITUZIONE, LA CODIFICAZIONE, DELLA PAZZIA; è FOLLE E IMPONE LA SUA FOLLIA SU DI NOI MEDIANTE LA VIOLENZA, DAL MOMENTO CHE LA SUA NATURA è VIOLENTA.
42. COMBATTERE L'IMPERO SIGNIFICA ESSERE CONTAGIATI DALLA SUA FOLLIA. QUESTO è UN PARADOSSO; CHIUNQUE SCONFIGGE UN SEGMENTO DELL'IMPERO DIVENTA L'IMPERO; ESSO PROLIFERA COME UN VIRUS; IMPONEDO LA SUA FORMA AI SUOI NEMICI. IN TAL MODO DIVENTA I SUOI NEMICI.
44. DAL MOMENTO CHE L'UNIVERSO è IN EFFETTI COMPOSTO DA INFORMAZIONE, SI PUò DIRE ALLORACHE L'INFORMAZIONE CI SALVERà. QUESTA è LA GNOSIS SALVIFICA CHE CERCAVANO GLI GNOSTICI.
dal romanzo postumo del (1981) _"VALIS" di PHILIP K DICK
mercoledì 16 marzo 2011
Roberto Saviano prefazione a "LA RIVOLTA DEGLI ANGELI" di Anatole France
prefazione a "LA RIVOLTA DEGLI ANGELI"
di Anatole France, traduzione di Luigi De Mauri, prefazione di Roberto Saviano
Salute, o Satana
O ribellione,
O forza vindice
De la ragione!
Giosuè Carducci
Mentre le terre di mezza Europa si piagavano di trincee e gli stati nazionali preparavano il grande macello del primo conflitto mondiale, in Francia veniva pubblicato il romanzo La Révolte des Anges. Il settantenne Anatole France aveva iniziato a scrivere le pagine del suo romanzo disturbato dai cori nazionalisti, da un’imprevedibile smania bellicosa, disgustato da rigurgiti di patriottismo e dalle diuturne parate militari. Decise così di raccogliere nella sua mente un progetto vasto, ambizioso, capace non soltanto di arginare, almeno nel perimetro della carta, l’idiozia militare e nazionalista, ma di coinvolgere con la sua scrittura l’intero ordine universale delle cose. Troppo grande era il disastro che di lì a qualche mese sarebbe andato celebrandosi per potersi occupare di lacerti biografici, di letterature intime, di scritture soffuse e romantiche. Scrisse dell’origine dei tempi, riscrisse la battaglia primigenia tra gli eserciti degli angeli di Dio e gli angeli ribelli organizzati da Lucifero, ne argomentò le teorie e le motivazioni della rivolta, cercò di comprendere le cause della disfatta delle truppe rivoltose e le abilità dei vincitori. Propose una nuova interpretazione della storia delle civiltà umane, trovò un nuovo senso all’ordine religioso, sondò e descrisse la struttura dei cieli, tentò di inchiodare il Dio monoteista dinanzi alle sue irrimediabili colpe. Tutto questo France l’ottenene usando la letteratura come laboratorio immaginifico capace di sussumere senza regola alcuna ogni nozione e ogni conoscenza.
La rivolta degli angeli è un testo che raccoglie in sé la tradizione dell’angelistica scolastica, episodi biblici, influenze gnostiche, derivazioni manichee, suggestioni ordinarie, comuni pregiudizi sugli angeli e demòni. Il romanzo riesce nella titanica impresa di rovesciare le categorie della teologia e della politica attraverso la foggiatura letteraria del possibile. La fantasia dismette la sua consistenza metafisica e assume nelle pagine di France una concretezza palpabile. Il sogno di riformulare la vita, di svelare il midollo della natura e la realtà delle cose diviene reale attraverso la costruttiva potenza delle parole. La letteratura, pur essendo libera dalla menzogna di essere vera, quando dismette il ruolo di prosseneta tra realtà e invenzione, aggredisce ferina la realtà trasformando la struttura molecolare della materia in composizioni radicalmente nuove, rese possibili dalla sola ragione sufficiente d’essere pensabili.
In questo romanzo France discute sul merito di Dio, sulla giustezza del suo agire, sulla fallacia delle sue decisioni, sulla brutalità della vita così com’è stata organizzata. Perché la morte, la malattia, il dolore? Perché la fragilità del corpo, la necessità del lavoro, il dolore del parto? Non più quindi il cercare, religiosamente, i motivi del dolore, il senso della sofferenza per trovarne consolazione, non più comprendere le volontà divine per ossequiarle né il sottoporsi alle leggi del Libro. Assaltare la fonte dell’ordine della vita è il compito delle pagine di Anatole France, scrivere una fenomenologia della vita felice è il bellicoso metodo che adopera. L’ateismo diviene così una militante battaglia contro il potere divino, una razionale e appassionata rivolta contro le menzogne che Dio impone agli uomini come verità.
France racconta degli angeli, esseri creati per custodire l’ordine di Dio, che rifiutando il loro compito sono divenuti terribili ribelli. Il bene angelico è una imperitura vita incosciente che attraverso la conoscenza rompe le sue catene, cosciente di non aver nulla da perdere e più mondi da guadagnare. Gli angeli ribelli comprendono attraverso il dubbio, il pensiero, la riflessione che il mondo, l’universo, il cosmo tutto esiste indipendentemente da Dio e ciò che da questi viene considerato come sua creazione è soltanto una menzogna per giustificare la sua egemonia, la sua autorità morale sulla materia. Le leggi di Dio sono ordini menzogneri, gabbie morali imposte sulle verità libere della natura e le volontà degli esseri umani. Il sapere permette al protagonista, l’angelo custode Arcade, il più basso grado della gerarchia celeste, un membro del proletariato angelico, di organizzare la più grande impresa mai tentata dopo la creazione dell’universo: la sovversione dei cieli. Attraverso la lettura dei testi della letteratura latina, i trattati naturalistici, i testi biblici, gli epistolari scientifici, la conoscenza delle verità naturali, Arcade si trascina via dallo scopo angelico ricevendo nuove verità.
Intorno alla biblioteca d’Esparvieu di Parigi ruota la forza centripeta del romanzo, non soltanto per le bizzarrie che vi accadono, ma per il potenziale bellico che secondo France ogni biblioteca possiede. Scrigno polveroso, una biblioteca è una miniera che conserva in sé traccia del pensiero umano in ogni infinita espressione, luogo capace d’essere immobile e anonimo e al contempo ipercinetico strumento, prezioso come nessun’altro nella conquista delle possibilità d’esistenza. Sariette, il triste bibliotecario dei d’Esparvieu, è l’emblema della cultura accademica, bigotta e avida, profondamente legata alla conservazione piuttosto che alla diffusione della conoscenza; l’angelo Arcade, invece, rappresenta il libero desiderio di accedere alla biblioteca come capacità di scalare i millenni di vita umana e saggiare i pensieri, gli umori, le ricerche di trascorse sensibilità e intelligenze universali. Per l’uno la biblioteca è luogo di morte e polvere, mera cumulazione di sapere; per l’altro è scoperta, acquisizione libera della vita. La biblioteca viva, tana di vite scritte e libri vissuti, è l’origine pericolosa da cui nasce l’odio verso Dio e l’eretico desiderio di sovversione.
Satana e la rivolta degli uomini
Per la tradizione cristiana la nascita del male è sancita dalla rivolta di Lucifero, il serafino più bello e più vicino al trono di Dio. Alla descrizione delle schiere degli angeli di Lucifero contrapposte agli eserciti di Dio guidati dai fedeli militari, gli arcangeli Michele, Raffaele, Gabriele e Uriele, sono dedicate alcune tra le pagine più belle della letteratura del XX secolo. Anatole France fa raccontare l’accaduto a un reduce, a un angelo che partecipò a quella primigenia guerra e condivise con Lucifero l’ebbrezza della rivolta e il destino della cacciata. Nectaire racconta ad Arcade e agli angeli congiurati del 1914 cosa accadde in cielo prima che il tempo avesse origine. Lucifero si ribellò, in nome di ciò che Dio più odiava, in nome della curiosità, del dubbio, della libertà, del desiderio. Nectaire si schierò assieme a moltissimi altri angeli dalla parte di Lucifero, poiché ne condivideva le accuse al Dio autoritario e avido.
Le pagine della battaglia possiedono un respiro lungo e innescano un’alchimia d’immaginazione nel lettore, capace di fargli contenere nella mente, nei nervi, sull’epidermide, uno scenario immenso che coinvolge l’intera Patria Celeste e tutti gli Spiriti Celesti, Troni, Potenze, Principati, Virtù, tutte le gerarchie e tutti i cieli. Imponenti scontri, immani assalti si vorticizzano tra le truppe angeliche, ribelli e fedeli. France descrive un’orchestra di guerra cruenta che investe tempi infiniti e spazi immensi attraverso scontri di spade, corpi trafitti che immortali riprendono la propria fatua consistenza. L’assedio ribelle al Monte del Signore è un’assordante massa di leggerezza angelica che procede infuocata di libertà verso il trono di Dio, per sovvertirlo e così conquistare una nuova origine alle cose. Lucifero e i suoi angeli, nonostante l’ardimento, saranno sconfitti dai fulmini divini e cacciati dal Paradiso. Lucifero diventerà Satana, ovvero has-satan, avversario, accusatore. I congiurati del 1914 ardono dal desiderio di ritentare l’impresa carichi di nuova conoscenza e vogliono che a comandarli sia proprio lui, il principe dei ribelli, Satana.
Se creazione del bene è la morte, il dolore, il vincolo morale delle leggi religiose, se le caste sacerdotali, il potere dei nobili sono creazioni del bene, se creazione del bene è la proprietà, le battaglie, i roghi, le inquisizioni, se bene è il sacrificio, il dolore, allora è nel suo contrario la ragione, nel suo contrario è il luogo della felicità e della libertà. Il male non diviene altro che contrario di un bene spietato, falso, ingannevole e assassino. In questa inversione semantica v’è il fascino profondo della rivolta degli angeli. Ciò che viene definito bene è soltanto ciò che è imposto, null’altro che l’ordine e le consuetudini costituite. Anatole France, continuando a manipolare l’infinita ludica letteraria, risolve l’annoso problema del bene e del male occupando con i suoi angeli ribelli un posto al di là delle due determinazioni.
L’ordine cosmico di France è fondato su un politeismo universale. Ialdabaoth è soltanto uno dei molteplici demiurghi presenti nell’infinito comporsi del caos cosmico, tra tutte le divinità il più arrogante, il più ignorante, il callido vincitore. Il Dio che i cattolici considerano uno e trino è in realtà proprio Ialdabaoth. Questo è il suo nome nella Patria celeste. Anatole France mutua questa terminologia dalla tradizione gnostica, che definisce Ialdabaoth un demiurgo invidioso, perfido contro l’uomo che non si sottomette. Ialdabaoth ignora le leggi della materia, mente affermando che lo spirito è immateriale, mente affermando che l’universo è finito e da lui creato e dominato, mente quando afferma che la terra è immobile, mente come mentono le Sacre Scritture, che del suo verbo sono portavoce. È un callido demiurgo che si frappone tra la natura delle cose e l’ordine che impone o vorrebbe imporre alle cose. La religione monoteista è in tal senso questa oppressiva prigione imposta sul mondo della libertà. Il contrario di Ialdabaoth è Satana. Il Satana di France è assai diverso dal Mefistofele del Faust di Goethe, ingannevole e infinitamente potente , né gli uomini sono resi da Satana come tanti Adrian Leverkühn del Doktor Faustus di Thomas Mann, pronti ad allearsi con la potenza del male per raggiungere la perfezione assoluta. È piuttosto un ribelle che ha il senso del limite, un eroe epicureo che possiede la coscienza che ogni grandezza della mente è corrisposta da una consapevolezza dei limiti della materia, ed è proprio questa linea d’ombra che genera la necessità del sapere.
I colori della rivolta, il volto di Lucifero, sono in France saccheggiati dall’affresco di Delacroix nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, a cui sono dedicate molte pagine del romanzo. Delacroix dipinse una scandalosa rappresentazione di angeli i cui visi, piuttosto che rutilare di beatitudine, si attardano in scandalosi ghigni meditanti la rivolta. Proprio questo scandalo inserito nella serenità paradisiaca ha mosso l’intuizione del romanzo nella mente di Anatole France.
La propulsione di questa delacroixiana provocazione France la innesca nella costruzione di una antropologia demoniaca. Attraverso i ricordi del reduce Nectaire si costruisce una nuova storia della civiltà umana narrando dell’alleanza tra demòni e uomini, di come i primi, sensibili alla condizione misera degli uomini, iniziarono a consigliargli i saperi e le conoscenze per rendere migliore la loro esistenza. Anche nel libro di Enoch dell’Antico Testamento si racconta che angeli dannati hanno rivelato segreti agli uomini per causa dei quali il mondo è caduto in rovina. Nectaire, invece, mostra la storia come una imperitura battaglia tra Dio e l’alleanza tra demòni e uomini. In questa bizzarra reinterpretazione manichea France considera l’età antica come il momento di massima influenza dei demòni sugli uomini. Dioniso è Satana. Dioniso, archetipo della vita indistruttibile, tenta di far fuoriuscire l’uomo dalla minorità in cui Dio lo ha cacciato. La mitologia pagana, il politeismo greco e latino, questo culto della vite e del piacere, dell’amore e dell’arte, divengono, non senza un tocco di retorica arcadica, il riferimento della passata umanità libera in cui demòni e uomini vivevano felici. Tutto muta con l’avvento del cattolicesimo, dell’ideologia del sacrificio che Ialdabaoth attraverso suo figlio diffonde per sottomettere nuovamente l’uomo. Dinanzi a tale portento religioso, che relega la vita al dolore e alla penitenza, i demòni avranno immani difficoltà nel riuscire ancora a consigliare gli uomini. I nuovi angeli ribelli hanno però una saggezza sconosciuta al mondo degli uomini. Dal sonno dei demòni scaturirà la ragione, ossia la rinuncia al potere, il rifiuto dell’autorità come causa d’ogni errore, impossibile da orientare verso battigie di libertà. La consapevolezza di trovare nel potere l’origine di ogni aberrazione della ragione e del sentimento, rende l’Inferno, la terra stessa, luogo migliore del trono divino.
I demòni di Anatole France, con questo romanzo, assurgono nell’Olimpo del mito letterario a numi della crisi capaci di disvelare ciò che vi è di falso e disumano dietro l’ordine del bene. Questi demòni letterari indicano le strade che portano alla vita presa nel vortice del sapere, rapita nel tempo della passione, nell’ordine dell’anarchia, educata nel dubbio e nella musica, nell’amore per la materia e per le scienze della natura, al di là di ogni determinazione morale, giuridica, religiosa. Bellezze trascendenti ogni autorità che ormai soltanto dei demòni ribelli e nascosti possono ancora far avvampare nel cuore degli uomini del nostro tempo.
di Anatole France, traduzione di Luigi De Mauri, prefazione di Roberto Saviano
Salute, o Satana
O ribellione,
O forza vindice
De la ragione!
Giosuè Carducci
Mentre le terre di mezza Europa si piagavano di trincee e gli stati nazionali preparavano il grande macello del primo conflitto mondiale, in Francia veniva pubblicato il romanzo La Révolte des Anges. Il settantenne Anatole France aveva iniziato a scrivere le pagine del suo romanzo disturbato dai cori nazionalisti, da un’imprevedibile smania bellicosa, disgustato da rigurgiti di patriottismo e dalle diuturne parate militari. Decise così di raccogliere nella sua mente un progetto vasto, ambizioso, capace non soltanto di arginare, almeno nel perimetro della carta, l’idiozia militare e nazionalista, ma di coinvolgere con la sua scrittura l’intero ordine universale delle cose. Troppo grande era il disastro che di lì a qualche mese sarebbe andato celebrandosi per potersi occupare di lacerti biografici, di letterature intime, di scritture soffuse e romantiche. Scrisse dell’origine dei tempi, riscrisse la battaglia primigenia tra gli eserciti degli angeli di Dio e gli angeli ribelli organizzati da Lucifero, ne argomentò le teorie e le motivazioni della rivolta, cercò di comprendere le cause della disfatta delle truppe rivoltose e le abilità dei vincitori. Propose una nuova interpretazione della storia delle civiltà umane, trovò un nuovo senso all’ordine religioso, sondò e descrisse la struttura dei cieli, tentò di inchiodare il Dio monoteista dinanzi alle sue irrimediabili colpe. Tutto questo France l’ottenene usando la letteratura come laboratorio immaginifico capace di sussumere senza regola alcuna ogni nozione e ogni conoscenza.
La rivolta degli angeli è un testo che raccoglie in sé la tradizione dell’angelistica scolastica, episodi biblici, influenze gnostiche, derivazioni manichee, suggestioni ordinarie, comuni pregiudizi sugli angeli e demòni. Il romanzo riesce nella titanica impresa di rovesciare le categorie della teologia e della politica attraverso la foggiatura letteraria del possibile. La fantasia dismette la sua consistenza metafisica e assume nelle pagine di France una concretezza palpabile. Il sogno di riformulare la vita, di svelare il midollo della natura e la realtà delle cose diviene reale attraverso la costruttiva potenza delle parole. La letteratura, pur essendo libera dalla menzogna di essere vera, quando dismette il ruolo di prosseneta tra realtà e invenzione, aggredisce ferina la realtà trasformando la struttura molecolare della materia in composizioni radicalmente nuove, rese possibili dalla sola ragione sufficiente d’essere pensabili.
In questo romanzo France discute sul merito di Dio, sulla giustezza del suo agire, sulla fallacia delle sue decisioni, sulla brutalità della vita così com’è stata organizzata. Perché la morte, la malattia, il dolore? Perché la fragilità del corpo, la necessità del lavoro, il dolore del parto? Non più quindi il cercare, religiosamente, i motivi del dolore, il senso della sofferenza per trovarne consolazione, non più comprendere le volontà divine per ossequiarle né il sottoporsi alle leggi del Libro. Assaltare la fonte dell’ordine della vita è il compito delle pagine di Anatole France, scrivere una fenomenologia della vita felice è il bellicoso metodo che adopera. L’ateismo diviene così una militante battaglia contro il potere divino, una razionale e appassionata rivolta contro le menzogne che Dio impone agli uomini come verità.
France racconta degli angeli, esseri creati per custodire l’ordine di Dio, che rifiutando il loro compito sono divenuti terribili ribelli. Il bene angelico è una imperitura vita incosciente che attraverso la conoscenza rompe le sue catene, cosciente di non aver nulla da perdere e più mondi da guadagnare. Gli angeli ribelli comprendono attraverso il dubbio, il pensiero, la riflessione che il mondo, l’universo, il cosmo tutto esiste indipendentemente da Dio e ciò che da questi viene considerato come sua creazione è soltanto una menzogna per giustificare la sua egemonia, la sua autorità morale sulla materia. Le leggi di Dio sono ordini menzogneri, gabbie morali imposte sulle verità libere della natura e le volontà degli esseri umani. Il sapere permette al protagonista, l’angelo custode Arcade, il più basso grado della gerarchia celeste, un membro del proletariato angelico, di organizzare la più grande impresa mai tentata dopo la creazione dell’universo: la sovversione dei cieli. Attraverso la lettura dei testi della letteratura latina, i trattati naturalistici, i testi biblici, gli epistolari scientifici, la conoscenza delle verità naturali, Arcade si trascina via dallo scopo angelico ricevendo nuove verità.
Intorno alla biblioteca d’Esparvieu di Parigi ruota la forza centripeta del romanzo, non soltanto per le bizzarrie che vi accadono, ma per il potenziale bellico che secondo France ogni biblioteca possiede. Scrigno polveroso, una biblioteca è una miniera che conserva in sé traccia del pensiero umano in ogni infinita espressione, luogo capace d’essere immobile e anonimo e al contempo ipercinetico strumento, prezioso come nessun’altro nella conquista delle possibilità d’esistenza. Sariette, il triste bibliotecario dei d’Esparvieu, è l’emblema della cultura accademica, bigotta e avida, profondamente legata alla conservazione piuttosto che alla diffusione della conoscenza; l’angelo Arcade, invece, rappresenta il libero desiderio di accedere alla biblioteca come capacità di scalare i millenni di vita umana e saggiare i pensieri, gli umori, le ricerche di trascorse sensibilità e intelligenze universali. Per l’uno la biblioteca è luogo di morte e polvere, mera cumulazione di sapere; per l’altro è scoperta, acquisizione libera della vita. La biblioteca viva, tana di vite scritte e libri vissuti, è l’origine pericolosa da cui nasce l’odio verso Dio e l’eretico desiderio di sovversione.
Satana e la rivolta degli uomini
Per la tradizione cristiana la nascita del male è sancita dalla rivolta di Lucifero, il serafino più bello e più vicino al trono di Dio. Alla descrizione delle schiere degli angeli di Lucifero contrapposte agli eserciti di Dio guidati dai fedeli militari, gli arcangeli Michele, Raffaele, Gabriele e Uriele, sono dedicate alcune tra le pagine più belle della letteratura del XX secolo. Anatole France fa raccontare l’accaduto a un reduce, a un angelo che partecipò a quella primigenia guerra e condivise con Lucifero l’ebbrezza della rivolta e il destino della cacciata. Nectaire racconta ad Arcade e agli angeli congiurati del 1914 cosa accadde in cielo prima che il tempo avesse origine. Lucifero si ribellò, in nome di ciò che Dio più odiava, in nome della curiosità, del dubbio, della libertà, del desiderio. Nectaire si schierò assieme a moltissimi altri angeli dalla parte di Lucifero, poiché ne condivideva le accuse al Dio autoritario e avido.
Le pagine della battaglia possiedono un respiro lungo e innescano un’alchimia d’immaginazione nel lettore, capace di fargli contenere nella mente, nei nervi, sull’epidermide, uno scenario immenso che coinvolge l’intera Patria Celeste e tutti gli Spiriti Celesti, Troni, Potenze, Principati, Virtù, tutte le gerarchie e tutti i cieli. Imponenti scontri, immani assalti si vorticizzano tra le truppe angeliche, ribelli e fedeli. France descrive un’orchestra di guerra cruenta che investe tempi infiniti e spazi immensi attraverso scontri di spade, corpi trafitti che immortali riprendono la propria fatua consistenza. L’assedio ribelle al Monte del Signore è un’assordante massa di leggerezza angelica che procede infuocata di libertà verso il trono di Dio, per sovvertirlo e così conquistare una nuova origine alle cose. Lucifero e i suoi angeli, nonostante l’ardimento, saranno sconfitti dai fulmini divini e cacciati dal Paradiso. Lucifero diventerà Satana, ovvero has-satan, avversario, accusatore. I congiurati del 1914 ardono dal desiderio di ritentare l’impresa carichi di nuova conoscenza e vogliono che a comandarli sia proprio lui, il principe dei ribelli, Satana.
Se creazione del bene è la morte, il dolore, il vincolo morale delle leggi religiose, se le caste sacerdotali, il potere dei nobili sono creazioni del bene, se creazione del bene è la proprietà, le battaglie, i roghi, le inquisizioni, se bene è il sacrificio, il dolore, allora è nel suo contrario la ragione, nel suo contrario è il luogo della felicità e della libertà. Il male non diviene altro che contrario di un bene spietato, falso, ingannevole e assassino. In questa inversione semantica v’è il fascino profondo della rivolta degli angeli. Ciò che viene definito bene è soltanto ciò che è imposto, null’altro che l’ordine e le consuetudini costituite. Anatole France, continuando a manipolare l’infinita ludica letteraria, risolve l’annoso problema del bene e del male occupando con i suoi angeli ribelli un posto al di là delle due determinazioni.
L’ordine cosmico di France è fondato su un politeismo universale. Ialdabaoth è soltanto uno dei molteplici demiurghi presenti nell’infinito comporsi del caos cosmico, tra tutte le divinità il più arrogante, il più ignorante, il callido vincitore. Il Dio che i cattolici considerano uno e trino è in realtà proprio Ialdabaoth. Questo è il suo nome nella Patria celeste. Anatole France mutua questa terminologia dalla tradizione gnostica, che definisce Ialdabaoth un demiurgo invidioso, perfido contro l’uomo che non si sottomette. Ialdabaoth ignora le leggi della materia, mente affermando che lo spirito è immateriale, mente affermando che l’universo è finito e da lui creato e dominato, mente quando afferma che la terra è immobile, mente come mentono le Sacre Scritture, che del suo verbo sono portavoce. È un callido demiurgo che si frappone tra la natura delle cose e l’ordine che impone o vorrebbe imporre alle cose. La religione monoteista è in tal senso questa oppressiva prigione imposta sul mondo della libertà. Il contrario di Ialdabaoth è Satana. Il Satana di France è assai diverso dal Mefistofele del Faust di Goethe, ingannevole e infinitamente potente , né gli uomini sono resi da Satana come tanti Adrian Leverkühn del Doktor Faustus di Thomas Mann, pronti ad allearsi con la potenza del male per raggiungere la perfezione assoluta. È piuttosto un ribelle che ha il senso del limite, un eroe epicureo che possiede la coscienza che ogni grandezza della mente è corrisposta da una consapevolezza dei limiti della materia, ed è proprio questa linea d’ombra che genera la necessità del sapere.
I colori della rivolta, il volto di Lucifero, sono in France saccheggiati dall’affresco di Delacroix nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, a cui sono dedicate molte pagine del romanzo. Delacroix dipinse una scandalosa rappresentazione di angeli i cui visi, piuttosto che rutilare di beatitudine, si attardano in scandalosi ghigni meditanti la rivolta. Proprio questo scandalo inserito nella serenità paradisiaca ha mosso l’intuizione del romanzo nella mente di Anatole France.
La propulsione di questa delacroixiana provocazione France la innesca nella costruzione di una antropologia demoniaca. Attraverso i ricordi del reduce Nectaire si costruisce una nuova storia della civiltà umana narrando dell’alleanza tra demòni e uomini, di come i primi, sensibili alla condizione misera degli uomini, iniziarono a consigliargli i saperi e le conoscenze per rendere migliore la loro esistenza. Anche nel libro di Enoch dell’Antico Testamento si racconta che angeli dannati hanno rivelato segreti agli uomini per causa dei quali il mondo è caduto in rovina. Nectaire, invece, mostra la storia come una imperitura battaglia tra Dio e l’alleanza tra demòni e uomini. In questa bizzarra reinterpretazione manichea France considera l’età antica come il momento di massima influenza dei demòni sugli uomini. Dioniso è Satana. Dioniso, archetipo della vita indistruttibile, tenta di far fuoriuscire l’uomo dalla minorità in cui Dio lo ha cacciato. La mitologia pagana, il politeismo greco e latino, questo culto della vite e del piacere, dell’amore e dell’arte, divengono, non senza un tocco di retorica arcadica, il riferimento della passata umanità libera in cui demòni e uomini vivevano felici. Tutto muta con l’avvento del cattolicesimo, dell’ideologia del sacrificio che Ialdabaoth attraverso suo figlio diffonde per sottomettere nuovamente l’uomo. Dinanzi a tale portento religioso, che relega la vita al dolore e alla penitenza, i demòni avranno immani difficoltà nel riuscire ancora a consigliare gli uomini. I nuovi angeli ribelli hanno però una saggezza sconosciuta al mondo degli uomini. Dal sonno dei demòni scaturirà la ragione, ossia la rinuncia al potere, il rifiuto dell’autorità come causa d’ogni errore, impossibile da orientare verso battigie di libertà. La consapevolezza di trovare nel potere l’origine di ogni aberrazione della ragione e del sentimento, rende l’Inferno, la terra stessa, luogo migliore del trono divino.
I demòni di Anatole France, con questo romanzo, assurgono nell’Olimpo del mito letterario a numi della crisi capaci di disvelare ciò che vi è di falso e disumano dietro l’ordine del bene. Questi demòni letterari indicano le strade che portano alla vita presa nel vortice del sapere, rapita nel tempo della passione, nell’ordine dell’anarchia, educata nel dubbio e nella musica, nell’amore per la materia e per le scienze della natura, al di là di ogni determinazione morale, giuridica, religiosa. Bellezze trascendenti ogni autorità che ormai soltanto dei demòni ribelli e nascosti possono ancora far avvampare nel cuore degli uomini del nostro tempo.
martedì 15 marzo 2011
La Dottrina dei Padri e l'anarco-biocosmismo di Alexsandr Svjatogor
La Dottrina dei Padri e l'anarco-biocosmismo 1
di Alexsandr Svjatogor
1. Per noi che abbiamo sollevato lo stendardo di una nuova ideologia, la storia dell'anarchismo nella rivoluzione è interessante soprattutto riguardo al suo pensiero. Faremo riferimento alla corrente principale di questo pensiero, che si compone sul piano cronologico di due fasi.
Nella prima fase questo pensiero si mostra in debito senza condizioni con la Dottrina dei Padri. Aderisce a tale dottrina completamente e ciecamente. In quanto prigioniero della tradizione e acritico esso è monistico, motivo per cui si può utilizzare il concetto di «anarchismo monistico» come definizione appropriata di questa prima fase acritica.
La seconda fase, critica, nacque perché l'immediato salto nell'anarchia naufragò. La cruda realtà rivoluzionaria (del resto non può essere altrimenti) costrinse a rivedere il retaggio paterno.
Entrambe le fasi rivelarono da una parte l'insostenibilità della Dottrina dei Padri, dall'altra l'insostenibilità del pensiero anarchico in quanto tale. In seguito a ciò imbocco un vicolo cieco, dal quale secondo la nostra opinione solo il biocosmismo indica una via d'uscita.
2. Il conflitto del pensiero anarchico con la rivoluzione era una disputa su utopismo e realismo. Naturalmente l'utopismo si dimostrò inconsistente. La rivoluzione scaricò coloro che sostenevano la Dottrina dei Padri, soprattutto con la prospettiva tattica di un colpo. Tuttavia quando si comincia a dubitare della tattica, bisogna naturalmente mettere in dubbio pure la teoria. Il pensiero
andò avanti, fino alla revisione dell'ideologia, e dovette ammettere che la dottrina «aveva messo su pancia». E dal momento che così era, né una restaurazione né una riforma potevano esser d'aiuto. Ma il pensiero anarchico si era sottomesso ad un'autorità in maniera troppo forte, a discapito della propria creatività. In realtà avrebbe potuto scampare all'interno della propria dottrina alle proprie debolezze. Ma poiché debole e succube dell'autorità naufragò nel tentativo di uscire dal vicolo cieco.
La rivoluzione non significò solo la bancarotta del pensiero anarchico moderno. Significò pure la fine dell'anarchismo storico, perché lo spirito nuovo non può accontentarsi di concetti stretti e sopravvissuti. In questo modo la rivoluzione significò la necessità di un nuovo anarchismo (nella teoria e nella prassi). Ma superare la crisi, creare una nuova concezione e così indicare la via d'uscita dal vicolo cieco può farlo solo chi è indipendente dalla tradizione e libero dall'autorità, chi nel proprio creare e nei suoi assiomi rivela audacia rivoluzionaria.
Noi propaghiamo il biocosmismo - in opposizione al pensiero anarchico contemporaneo, vigliacco e debole - come un modo di pensare risoluto, audace e sano, come nuova concezione in opposizione alle dottrine del passato. Naturalmente non nutriamo alcuna grande speranza che il pensiero debole, anche quando dubita degli antenati, si rivolga a noi accogliendo il biocosmismo. Per fare ciò esso è troppo velleitario e meschinamente presuntuoso. Ma abbiamo tutti i motivi per sperare che le forze anarchiche fresche, sane e robuste, che hanno fatto l'esperienza della rivoluzione, si volgeranno al biocosmismo, e lo fanno già.
13.1 costrutti del vecchio anarchismo non hanno superato la prova del fuoco della rivoluzione. Ma né questo né un altro fuoco potrà mettere a fuoco e fiamme l'asse fondamentale della vita - la personalità umana vivente. Se gli edifici ideologici eretti su questa base vengono distrutti in un incendio, pure restano in piedi le fondamenta per nuovi edifici. Allo stesso tempo sorgono al posto degli edifici crollati con grande invaso, costruzioni grandiose che corrispondono alle esigenze del tempo e, cosa ancora più importante, alle esigenze della personalità (e della società).
14.1 nuovi edifici necessitano di un'estensione della base. Il concetto di personalità è inteso in modo troppo ristretto in tutte le vecchie concezioni anarchiche. Questa restrizione è un errore capitale delle dottrine anarchiche, per questa ragione queste dal primo giorno della loro esistenza non erano stabili internamente ed era solo questione di tempo fino a che il loro carattere illusorio venisse allo scoperto.
Nel vecchio anarchismo il problema della personalità non è stato tematizzato in modo adeguato. Ogni concezione si basa su di un concetto di personalità troppo unilaterale, superficiale. Al posto della personalità vitale è stata posta una persona sociopolitica, egoistica (Stiner) o altruistica (Godwin). Finora si è anche constatato in modo pseudoscientifico quanto piccolo e insignificante sia l'uomo (Kropotkin). Oppure si è concepita la personalità come dominatrice, come distruttrice e se ne è sminuito il carattere positivo, creativo. Con una parola non si è posta alla base la personalità, ma un'astrazione unilaterale della personalità.
La personalità è stata concepita nella sua staticità, in un cerchio ristretto dalla vita alla morte e non nel suo dinamismo, nella crescita delle sue forze creatrici. In rapporto alla personalità la morte è stata vista da tutte le dottrine anarchiche come assolutamente importante (È curioso che il pensiero anarchico
che protesta contro le autorità, non a sia levato contro l'autorità della morte).b personalità è stata considerata aldilà della sua spinta profonda verso l'immortalità e dunque aldilà della sua reale creatività.
Il vecchio anarchismo non aveva una rappresentazione positiva della personalità, ma piuttosto una negativa. Credeva di affermare la personalità, in realtà vi rinunciava e ne esprimeva cattive rappresentazioni, oscurò l'uomo vivente, lo lasciò al buio e lo sostituì con un'astrazione. Nella misura in cui l'anarchismo riduceva l'uomo e contemporaneamente trascurava il suo destino personale, lo condusse alla catastrofe individuale e sociale.
In ciò consiste l'errore fondamentale - un errore nelle fondamenta - di tutte le concezioni anarchiche. La radice era troppo striminzita e dunque anche le concezioni erano striminzite, unilaterali, astratte, prive di vita e utopistiche.
15. Noi non affermiamo la coscienza individuale nuda, non il volto sociopolitico, non l'egoista o l'altruista, non la maschera o l'astrazione, ma piuttosto la personalità umana vivente. Questa non si crea nell'egoismo o nell'altruismo. Non si infila in ogni astratto ambito. Alla sua base c'è l'istinto dell'immortalità, la spinta verso una vita e una creatività eterne. Essa cresce nelle sue forze creatrici fino a che si manifesta nell'immortalità e nel cosmo. La nuova concezione non deve rivelare e affermare un'astrazione, bensì l'uomo reale, vivente.
L'uomo non è un piccolo essere con un ridicolo desiderio di infinito onnicomprensivo, come affermò quasi scientificamente Kropotkin, collegandosi alla svolta copernicana in astronomia (lo stesso ritenevano lo slavofilo Danilevzkij e Spengler, che oggi fa tanto rumore). Davanti all'uomo si aprono grandi prospettive, come non se ne sono mai date. La lotta contro la morte non è per principio impossibile (esperimenti di Steinach, Andreev, Kravvov tra gli altri). La possibilità dell'immortalità (immortalismo) si lascia già fondare scientificamente, e le conquiste della fisica e della tecnica offrono la base per la considerazione scentifica della questione cosmica (interplanetarismo.
16. Il bene più alto è la vita immortale nel cosmo. Il peggior male è la morte. Intendiamo qui la vita reale e la morte reale. Tutti gli altri beni sono inclusi nella vita, ogni male affonda le sue radici nella morte. Quando si deduce la libertà dalla «necessità naturale» e si postula il diritto dell'uomo all'esistenza eterna nel cosmo, il biocosmismo diventa la questione della libertà massima e del massimo diritto della personalità.
Il bene più alto lo postuliamo come qualcosa che deve essere immediatamente realizzato - come creatività massima. Del biocosmismo sottolineiamo soprattutto il momento creativo. L'immortalità personale non è data, essa deve essere contesa, realizzata, creata. Si tratta qui non della resistenza dei perdenti, come ritiene la Bibbia, ma della creazione di coloro che non ci sono mai stati. Non ripristino ma creazione. Lo stesso vale per la conquista del cosmo. Immortalismo e interplanetarismo sono la meta massima, ma non ultima. Sono tappe, mezzi sulla via della creazione smisuratamente meravigliosa. Ma questa meta sta ancora davanti a noi e per questo è la più importante.
La nostra meta (la realizzazione della immortalità personale, la vita nel cosmo, la resurrezione) esclude una mistica che ci condurrebbe al caos e al vuoto. Questo è un compito della coscienza realistica. Ma noi non identifichiamo la meta con l'essere né costruiamo su datità, altrimenti dovremmo rinunciare a libertà, creatività e personalità.
Il biocosmismo sconfigge lo scetticismo e libera la creatività umana, nella misura in cui le attribuisce una forza inverosimile e uno slancio potente. Esso è un faro che guida gli uomini, esso è il fondamento e il filo rosso per le disposizioni personali e sociali. Solo il biocosmismo può definire e regolare l'intera società.
17. La vecchia società crolla. Vive la sua estate di san Martino, sfuggita al
tramonto l'orrore della notte le sta davanti. Il nostro compito è di creare sulla base della grande meta del biocosmismo una nuova vita, un nuovo essere, una nuova cultura.
La moderna società (civile) porta alla morte, si basa sulla morte. Poiché l'uomo oggi è mortale, lei considera l'assoluta morte della personalità. Essa è guastata dalla formula «la morte è ineludibile». Questa formula è stata sancita dalla religione e dalla coscienza scientifica antica. Questa formula ha fatto svanire presso l'uomo lo spirito dello sdegno di fronte alla morte. Quando la società moderna concepisce la morte e la fissazione nello spazio, sancisce tutti i mali della vita sociale. Se questo dovesse accadere ancora l'umanità sarebbe minacciata da una completa degenerazione fisica e morale. Una società siffatta deve essere distrutta fin nelle fondamenta.
La società deve fondarsi sul principio del biocosmismo. Quando una società afferma il diritto fondamentale di ciascuno alla vita eterna, non può sopportare una divisione in sfruttati e sfruttatori, schiavi e signori. Essa garantisce un massimo di sviluppo individuale e considerazione di sé. Sarà altamente armoniosa, sulla base dell'unità dell'ideale delle sue parti costitutive. Quando le idee del biocosmismo diventano conquiste di ciascuno (il contrario è impossibile) la società abbandona il suo potere, perché la sua idea fondamentale sarà da ciascuno realizzata liberamente.
Noi affermiamo l'unità totale a proposito della nostra meta. La lotta per l'immortalità individuale, per la vita nel cosmo è la volontà di tutti. Allo stesso tempo è da superare la localizzazione e fissazione nel tempo (la morte) e nello spazio non mediante sforzi individuali. Da qui deriva la necessità di solidarietà sociale. Solo l'unità nella grande meta garantisce la vittoria sulla morte e il cosmo. La lotta per l'immortalità e la vita nel cosmo è la vera base del nuovo essere sociale.
18. Nella nuova società gli uomini non si riuniscono sulla base di una costrizione, ma perché sono consapevoli della grossa meta comune. Una società che realizza l'inter-planetarismo e contrasta la morte sarà affermata da tutti, visto che realizza il massimo bene di ognuno. La meta massima comune esclude che si ricada a causa di qualcun altro nelle piccole mete. Per questo la fedeltà ad essa non deve essere regolata mediante un contratto (Proudhon). La volontà individuale e la cosa si ripetono qui all'infinito tra i compagni di lotta, allo stesso tempo ogni passo aumenta la potenza individuale in direzione del biocosmismo. Questa società è una «pistola o una spada, con cui tu rafforzi la tua forza naturale». Noi affermiamo l'individualità come anche la comunità più fortemente degli altri. Più forte il pendolo batte in una direzione, più forte è la sua ampiezza nell'altra. Quanto più siamo estremi individualisti, tanto più estremi siamo davanti alla comunità.
19. La nuova società non consta di piccole comunità o bande che «non provano alcun bisogno di espandersi» (Godvvin). Il vecchio pregiudizio e il pensiero errato dei piccoli spazi devono essere pensati come un obsoleto atavismo e come eredità del medioevo. Al gradino superiore c'è il massimo dello spazio. L'unità onnicomprensiva dell'uomo può realizzare le grandi idee solo in grandi spazi. La società biocosmica è globale e planetaria.
20. La società biocosmica è propria della libertà massima. Il problema richiede all'uomo una libertà inquietante. L'uomo (l'umanità) non era mai stato tanto affidato a sé stesso come nel biocosmismo. Non può sperare in Dio, in una vita dopo la morte. Egli vede la morte davanti a sé come una normale realtà e deve sconfiggere da solo senza aiuti estemi questo male, in un modo reale, seguendo una strada propria.
21. Nel biocosmismo gli uomini si alleano come compagni di lotta. La comunità di lotta è il contrario della fratellanza in quanto relazione di scambio non creativa.
Nella fratellanza i rapporti sono già dati, predeterminati dalla natura, per questo non sono creativi. Nel rapporto dei compagni di lotta al contrario niente è dato in anticipo, piuttosto si desidera e si è creativi. La fratellanza è un principio conservatore. Nella nostra tempesta di lotta per l'immortalità e il cosmo noi non affermiamo la fratellanza, ma la comunità di lotta.
22. Sul cammino del biocosmismo noi ci appoggiamo alla rivoluzione, all'azione al patos della classe rivoluzionaria. Il biocosmismo è nato nell'esplosione della rivoluzione - così noi siamo legati inseparabilmente con la rivoluzione, che è la nostra forza. L'ordine biocosmico delle cose entrerà in gioco dopo la vittoria della rivoluzione. Lo scopo della rivoluzione consiste nell'annientamento delle classi, che rappresenta una premessa imprescindibile perché la questione del biocosmismo venga proposta in misura globale. Tuttavia il biocosmismo in quanto programma massimo può già da ora promuovere l'unità, l'ispirazione e la vittoria della classe rivoluzionaria.
23. Presupponendo che lo stato si incamminerà sulla strada del biocosmismo, noi mettiamo l'accento sulla necessità di un rapporto positivo col sistema sovietico. Lo stato sovietico non va confuso con Io stato borghese. Da una parte i soviets rappresentano una organizzazione necessaria della lotta rivoluzionaria contro il vecchio mondo. Dall'altra parte si sono assunti la funzione di lottare contro la natura, cioè portano in sé la tendenza al biocosmismo.
Nel periodo di transizione i soviets non possono naturalmente divenire organi a tempo pieno della lotta contro il giogo della natura. Essi devono adempiere alla funzione della lotta con il mondo antico nella forma di una dittatura. Da qui deriva una certa costrizione, ma tale costrizione è di tipo completamente diverso rispetto a quella presente in uno stato borghese. Tutte le accuse contro lo stato come sistema di violenza e oppressione della libertà individuale sono prive di senso riguardo allo stato sovietico.
La vecchia forma stato apparterrà presto al passato. La nuova forma sovietica è diversa per fini e mezzi. Il sistema sovietico, che innanzitutto garantisce la liberazione dell'uomo dal giogo della natura esterna, promuove ora il risveglio della coscienza, liberando la personalità dal peso della tradizione. Come risultato della sovietizzazione cresce la coscienza della libertà umana e della responsabilità. Nei soviets gli uomini sono legati l'un l'altro sulla base della coscienza che la lotta presente richiede disciplina. Nei soviets l'uomo impara a rispettare se stesso e gli altri, mentre la società borghese, in quanto società di signori e schiavi, esclude la necessaria attenzione reciproca.
Nella misura in cui con la vittoria della rivoluzione la funzione della lotta contro il vecchio mondo svanirà, nello stato sovietico la funzione della lotta contro il giogo della natura guadagnerà significato. Le due funzioni che caratterizzano il cammino verso il biocosmismo, sono vicine, la questione dell'immortalismo e dell'universo devono essere messe già da oggi all'ordine del giorno.
(trad. it. dal tedesco di Tristana Dini)
Note
1 Svjagotor, Aleksandr, Doktrina otcov i anarchizim-biokosmism, in Biokosmist, 3-4, Mosca 1922, p. 3-21, estratti.
DA La Rosa di nessuno N 5 2010 Mimesis
di Alexsandr Svjatogor
1. Per noi che abbiamo sollevato lo stendardo di una nuova ideologia, la storia dell'anarchismo nella rivoluzione è interessante soprattutto riguardo al suo pensiero. Faremo riferimento alla corrente principale di questo pensiero, che si compone sul piano cronologico di due fasi.
Nella prima fase questo pensiero si mostra in debito senza condizioni con la Dottrina dei Padri. Aderisce a tale dottrina completamente e ciecamente. In quanto prigioniero della tradizione e acritico esso è monistico, motivo per cui si può utilizzare il concetto di «anarchismo monistico» come definizione appropriata di questa prima fase acritica.
La seconda fase, critica, nacque perché l'immediato salto nell'anarchia naufragò. La cruda realtà rivoluzionaria (del resto non può essere altrimenti) costrinse a rivedere il retaggio paterno.
Entrambe le fasi rivelarono da una parte l'insostenibilità della Dottrina dei Padri, dall'altra l'insostenibilità del pensiero anarchico in quanto tale. In seguito a ciò imbocco un vicolo cieco, dal quale secondo la nostra opinione solo il biocosmismo indica una via d'uscita.
2. Il conflitto del pensiero anarchico con la rivoluzione era una disputa su utopismo e realismo. Naturalmente l'utopismo si dimostrò inconsistente. La rivoluzione scaricò coloro che sostenevano la Dottrina dei Padri, soprattutto con la prospettiva tattica di un colpo. Tuttavia quando si comincia a dubitare della tattica, bisogna naturalmente mettere in dubbio pure la teoria. Il pensiero
andò avanti, fino alla revisione dell'ideologia, e dovette ammettere che la dottrina «aveva messo su pancia». E dal momento che così era, né una restaurazione né una riforma potevano esser d'aiuto. Ma il pensiero anarchico si era sottomesso ad un'autorità in maniera troppo forte, a discapito della propria creatività. In realtà avrebbe potuto scampare all'interno della propria dottrina alle proprie debolezze. Ma poiché debole e succube dell'autorità naufragò nel tentativo di uscire dal vicolo cieco.
La rivoluzione non significò solo la bancarotta del pensiero anarchico moderno. Significò pure la fine dell'anarchismo storico, perché lo spirito nuovo non può accontentarsi di concetti stretti e sopravvissuti. In questo modo la rivoluzione significò la necessità di un nuovo anarchismo (nella teoria e nella prassi). Ma superare la crisi, creare una nuova concezione e così indicare la via d'uscita dal vicolo cieco può farlo solo chi è indipendente dalla tradizione e libero dall'autorità, chi nel proprio creare e nei suoi assiomi rivela audacia rivoluzionaria.
Noi propaghiamo il biocosmismo - in opposizione al pensiero anarchico contemporaneo, vigliacco e debole - come un modo di pensare risoluto, audace e sano, come nuova concezione in opposizione alle dottrine del passato. Naturalmente non nutriamo alcuna grande speranza che il pensiero debole, anche quando dubita degli antenati, si rivolga a noi accogliendo il biocosmismo. Per fare ciò esso è troppo velleitario e meschinamente presuntuoso. Ma abbiamo tutti i motivi per sperare che le forze anarchiche fresche, sane e robuste, che hanno fatto l'esperienza della rivoluzione, si volgeranno al biocosmismo, e lo fanno già.
13.1 costrutti del vecchio anarchismo non hanno superato la prova del fuoco della rivoluzione. Ma né questo né un altro fuoco potrà mettere a fuoco e fiamme l'asse fondamentale della vita - la personalità umana vivente. Se gli edifici ideologici eretti su questa base vengono distrutti in un incendio, pure restano in piedi le fondamenta per nuovi edifici. Allo stesso tempo sorgono al posto degli edifici crollati con grande invaso, costruzioni grandiose che corrispondono alle esigenze del tempo e, cosa ancora più importante, alle esigenze della personalità (e della società).
14.1 nuovi edifici necessitano di un'estensione della base. Il concetto di personalità è inteso in modo troppo ristretto in tutte le vecchie concezioni anarchiche. Questa restrizione è un errore capitale delle dottrine anarchiche, per questa ragione queste dal primo giorno della loro esistenza non erano stabili internamente ed era solo questione di tempo fino a che il loro carattere illusorio venisse allo scoperto.
Nel vecchio anarchismo il problema della personalità non è stato tematizzato in modo adeguato. Ogni concezione si basa su di un concetto di personalità troppo unilaterale, superficiale. Al posto della personalità vitale è stata posta una persona sociopolitica, egoistica (Stiner) o altruistica (Godwin). Finora si è anche constatato in modo pseudoscientifico quanto piccolo e insignificante sia l'uomo (Kropotkin). Oppure si è concepita la personalità come dominatrice, come distruttrice e se ne è sminuito il carattere positivo, creativo. Con una parola non si è posta alla base la personalità, ma un'astrazione unilaterale della personalità.
La personalità è stata concepita nella sua staticità, in un cerchio ristretto dalla vita alla morte e non nel suo dinamismo, nella crescita delle sue forze creatrici. In rapporto alla personalità la morte è stata vista da tutte le dottrine anarchiche come assolutamente importante (È curioso che il pensiero anarchico
che protesta contro le autorità, non a sia levato contro l'autorità della morte).b personalità è stata considerata aldilà della sua spinta profonda verso l'immortalità e dunque aldilà della sua reale creatività.
Il vecchio anarchismo non aveva una rappresentazione positiva della personalità, ma piuttosto una negativa. Credeva di affermare la personalità, in realtà vi rinunciava e ne esprimeva cattive rappresentazioni, oscurò l'uomo vivente, lo lasciò al buio e lo sostituì con un'astrazione. Nella misura in cui l'anarchismo riduceva l'uomo e contemporaneamente trascurava il suo destino personale, lo condusse alla catastrofe individuale e sociale.
In ciò consiste l'errore fondamentale - un errore nelle fondamenta - di tutte le concezioni anarchiche. La radice era troppo striminzita e dunque anche le concezioni erano striminzite, unilaterali, astratte, prive di vita e utopistiche.
15. Noi non affermiamo la coscienza individuale nuda, non il volto sociopolitico, non l'egoista o l'altruista, non la maschera o l'astrazione, ma piuttosto la personalità umana vivente. Questa non si crea nell'egoismo o nell'altruismo. Non si infila in ogni astratto ambito. Alla sua base c'è l'istinto dell'immortalità, la spinta verso una vita e una creatività eterne. Essa cresce nelle sue forze creatrici fino a che si manifesta nell'immortalità e nel cosmo. La nuova concezione non deve rivelare e affermare un'astrazione, bensì l'uomo reale, vivente.
L'uomo non è un piccolo essere con un ridicolo desiderio di infinito onnicomprensivo, come affermò quasi scientificamente Kropotkin, collegandosi alla svolta copernicana in astronomia (lo stesso ritenevano lo slavofilo Danilevzkij e Spengler, che oggi fa tanto rumore). Davanti all'uomo si aprono grandi prospettive, come non se ne sono mai date. La lotta contro la morte non è per principio impossibile (esperimenti di Steinach, Andreev, Kravvov tra gli altri). La possibilità dell'immortalità (immortalismo) si lascia già fondare scientificamente, e le conquiste della fisica e della tecnica offrono la base per la considerazione scentifica della questione cosmica (interplanetarismo.
16. Il bene più alto è la vita immortale nel cosmo. Il peggior male è la morte. Intendiamo qui la vita reale e la morte reale. Tutti gli altri beni sono inclusi nella vita, ogni male affonda le sue radici nella morte. Quando si deduce la libertà dalla «necessità naturale» e si postula il diritto dell'uomo all'esistenza eterna nel cosmo, il biocosmismo diventa la questione della libertà massima e del massimo diritto della personalità.
Il bene più alto lo postuliamo come qualcosa che deve essere immediatamente realizzato - come creatività massima. Del biocosmismo sottolineiamo soprattutto il momento creativo. L'immortalità personale non è data, essa deve essere contesa, realizzata, creata. Si tratta qui non della resistenza dei perdenti, come ritiene la Bibbia, ma della creazione di coloro che non ci sono mai stati. Non ripristino ma creazione. Lo stesso vale per la conquista del cosmo. Immortalismo e interplanetarismo sono la meta massima, ma non ultima. Sono tappe, mezzi sulla via della creazione smisuratamente meravigliosa. Ma questa meta sta ancora davanti a noi e per questo è la più importante.
La nostra meta (la realizzazione della immortalità personale, la vita nel cosmo, la resurrezione) esclude una mistica che ci condurrebbe al caos e al vuoto. Questo è un compito della coscienza realistica. Ma noi non identifichiamo la meta con l'essere né costruiamo su datità, altrimenti dovremmo rinunciare a libertà, creatività e personalità.
Il biocosmismo sconfigge lo scetticismo e libera la creatività umana, nella misura in cui le attribuisce una forza inverosimile e uno slancio potente. Esso è un faro che guida gli uomini, esso è il fondamento e il filo rosso per le disposizioni personali e sociali. Solo il biocosmismo può definire e regolare l'intera società.
17. La vecchia società crolla. Vive la sua estate di san Martino, sfuggita al
tramonto l'orrore della notte le sta davanti. Il nostro compito è di creare sulla base della grande meta del biocosmismo una nuova vita, un nuovo essere, una nuova cultura.
La moderna società (civile) porta alla morte, si basa sulla morte. Poiché l'uomo oggi è mortale, lei considera l'assoluta morte della personalità. Essa è guastata dalla formula «la morte è ineludibile». Questa formula è stata sancita dalla religione e dalla coscienza scientifica antica. Questa formula ha fatto svanire presso l'uomo lo spirito dello sdegno di fronte alla morte. Quando la società moderna concepisce la morte e la fissazione nello spazio, sancisce tutti i mali della vita sociale. Se questo dovesse accadere ancora l'umanità sarebbe minacciata da una completa degenerazione fisica e morale. Una società siffatta deve essere distrutta fin nelle fondamenta.
La società deve fondarsi sul principio del biocosmismo. Quando una società afferma il diritto fondamentale di ciascuno alla vita eterna, non può sopportare una divisione in sfruttati e sfruttatori, schiavi e signori. Essa garantisce un massimo di sviluppo individuale e considerazione di sé. Sarà altamente armoniosa, sulla base dell'unità dell'ideale delle sue parti costitutive. Quando le idee del biocosmismo diventano conquiste di ciascuno (il contrario è impossibile) la società abbandona il suo potere, perché la sua idea fondamentale sarà da ciascuno realizzata liberamente.
Noi affermiamo l'unità totale a proposito della nostra meta. La lotta per l'immortalità individuale, per la vita nel cosmo è la volontà di tutti. Allo stesso tempo è da superare la localizzazione e fissazione nel tempo (la morte) e nello spazio non mediante sforzi individuali. Da qui deriva la necessità di solidarietà sociale. Solo l'unità nella grande meta garantisce la vittoria sulla morte e il cosmo. La lotta per l'immortalità e la vita nel cosmo è la vera base del nuovo essere sociale.
18. Nella nuova società gli uomini non si riuniscono sulla base di una costrizione, ma perché sono consapevoli della grossa meta comune. Una società che realizza l'inter-planetarismo e contrasta la morte sarà affermata da tutti, visto che realizza il massimo bene di ognuno. La meta massima comune esclude che si ricada a causa di qualcun altro nelle piccole mete. Per questo la fedeltà ad essa non deve essere regolata mediante un contratto (Proudhon). La volontà individuale e la cosa si ripetono qui all'infinito tra i compagni di lotta, allo stesso tempo ogni passo aumenta la potenza individuale in direzione del biocosmismo. Questa società è una «pistola o una spada, con cui tu rafforzi la tua forza naturale». Noi affermiamo l'individualità come anche la comunità più fortemente degli altri. Più forte il pendolo batte in una direzione, più forte è la sua ampiezza nell'altra. Quanto più siamo estremi individualisti, tanto più estremi siamo davanti alla comunità.
19. La nuova società non consta di piccole comunità o bande che «non provano alcun bisogno di espandersi» (Godvvin). Il vecchio pregiudizio e il pensiero errato dei piccoli spazi devono essere pensati come un obsoleto atavismo e come eredità del medioevo. Al gradino superiore c'è il massimo dello spazio. L'unità onnicomprensiva dell'uomo può realizzare le grandi idee solo in grandi spazi. La società biocosmica è globale e planetaria.
20. La società biocosmica è propria della libertà massima. Il problema richiede all'uomo una libertà inquietante. L'uomo (l'umanità) non era mai stato tanto affidato a sé stesso come nel biocosmismo. Non può sperare in Dio, in una vita dopo la morte. Egli vede la morte davanti a sé come una normale realtà e deve sconfiggere da solo senza aiuti estemi questo male, in un modo reale, seguendo una strada propria.
21. Nel biocosmismo gli uomini si alleano come compagni di lotta. La comunità di lotta è il contrario della fratellanza in quanto relazione di scambio non creativa.
Nella fratellanza i rapporti sono già dati, predeterminati dalla natura, per questo non sono creativi. Nel rapporto dei compagni di lotta al contrario niente è dato in anticipo, piuttosto si desidera e si è creativi. La fratellanza è un principio conservatore. Nella nostra tempesta di lotta per l'immortalità e il cosmo noi non affermiamo la fratellanza, ma la comunità di lotta.
22. Sul cammino del biocosmismo noi ci appoggiamo alla rivoluzione, all'azione al patos della classe rivoluzionaria. Il biocosmismo è nato nell'esplosione della rivoluzione - così noi siamo legati inseparabilmente con la rivoluzione, che è la nostra forza. L'ordine biocosmico delle cose entrerà in gioco dopo la vittoria della rivoluzione. Lo scopo della rivoluzione consiste nell'annientamento delle classi, che rappresenta una premessa imprescindibile perché la questione del biocosmismo venga proposta in misura globale. Tuttavia il biocosmismo in quanto programma massimo può già da ora promuovere l'unità, l'ispirazione e la vittoria della classe rivoluzionaria.
23. Presupponendo che lo stato si incamminerà sulla strada del biocosmismo, noi mettiamo l'accento sulla necessità di un rapporto positivo col sistema sovietico. Lo stato sovietico non va confuso con Io stato borghese. Da una parte i soviets rappresentano una organizzazione necessaria della lotta rivoluzionaria contro il vecchio mondo. Dall'altra parte si sono assunti la funzione di lottare contro la natura, cioè portano in sé la tendenza al biocosmismo.
Nel periodo di transizione i soviets non possono naturalmente divenire organi a tempo pieno della lotta contro il giogo della natura. Essi devono adempiere alla funzione della lotta con il mondo antico nella forma di una dittatura. Da qui deriva una certa costrizione, ma tale costrizione è di tipo completamente diverso rispetto a quella presente in uno stato borghese. Tutte le accuse contro lo stato come sistema di violenza e oppressione della libertà individuale sono prive di senso riguardo allo stato sovietico.
La vecchia forma stato apparterrà presto al passato. La nuova forma sovietica è diversa per fini e mezzi. Il sistema sovietico, che innanzitutto garantisce la liberazione dell'uomo dal giogo della natura esterna, promuove ora il risveglio della coscienza, liberando la personalità dal peso della tradizione. Come risultato della sovietizzazione cresce la coscienza della libertà umana e della responsabilità. Nei soviets gli uomini sono legati l'un l'altro sulla base della coscienza che la lotta presente richiede disciplina. Nei soviets l'uomo impara a rispettare se stesso e gli altri, mentre la società borghese, in quanto società di signori e schiavi, esclude la necessaria attenzione reciproca.
Nella misura in cui con la vittoria della rivoluzione la funzione della lotta contro il vecchio mondo svanirà, nello stato sovietico la funzione della lotta contro il giogo della natura guadagnerà significato. Le due funzioni che caratterizzano il cammino verso il biocosmismo, sono vicine, la questione dell'immortalismo e dell'universo devono essere messe già da oggi all'ordine del giorno.
(trad. it. dal tedesco di Tristana Dini)
Note
1 Svjagotor, Aleksandr, Doktrina otcov i anarchizim-biokosmism, in Biokosmist, 3-4, Mosca 1922, p. 3-21, estratti.
DA La Rosa di nessuno N 5 2010 Mimesis
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