La rossa di Nessuno MIMESIS 5-2010
Passeggeri della terra
di
Michael Hagemeister
Il
4 gennaio del 1922 il giornale moscovita e organo del governo sovietico
“Izvestija” pubblicava un singolare appello. Con le parole d’ordine di
“immortalismo e interplanetarismo” vi si esortava ad attuare
immediatamente i due soli veri diritti fondamentali dell’uomo, il
“diritto ad essere” e il “diritto alla libertà di movimento nello spazio
cosmico”. Secondo gli estensori dell’appello, la limitatezza temporale e
spaziale dell’uomo sarebbe una condizione insopportabile e considerarla
una “necessità naturale” costituirebbe per loro un fatto del tutto
inaccettabile. Vi si rivendicava, per contro, il diritto ad una vita
illimitata e a una incondizionata libertà di movimento per tutti - anche
per i defunti. L’appello era sotto-scritto dal “Creatorio degli
Anarchici Biocosmisti Russi e Moscoviti”.
Questo
appello era stato preceduto dalla pubblicazione di un programma d’azione
in cui si affermava: «Con la presente dichiarazione poniamo con forza
all’ordine del giorno la questione della realizzazione dell’immortalità
personale... E vi aggiungiamo anche il dominio dello spazio. Non ci
riferiamo semplicemente all’aviazione - si tratterebbe infatti di un
obiettivo troppo modesto - ma all’aeronautica spaziale. Non bisogna
essere più semplici spettatori, occorre invece partecipare attivamente
alla vita del cosmo. Il nostro terzo compito consiste nella resurrezione
dei morti. La nostra preoccupazione è rivolta all’immortalità della
persona in pieno possesso delle sue forze intellettuali e fisiche. La
resurrezione dei morti rappresenta la reintegrazione dei defunti in una
tale perfezione». congiunto di tutti gli uomini associati in vista di
questo scopo - e naturalmente con l’impiego delle più recenti conquiste
della scienza e della tecnica. Essendo tali obiettivi la risposta al più
intimo anelito di ogni uomo all’infinitezza e airimmortalità, essi
rappresenterebbero la sola istanza in grado di superare tutte le
contraddizioni sociali e di unire l’umanità senza l’intervento della
coercizione statale. Secondo i biocosmisti, i comunisti e gli “altri”
anarchici, i quali si accontentano di trasformare la società e di
abolire lo Stato convinti di aver realizzato in tal modo il passaggio
dal “regno della necessità” al “regno della libertà”, non si
spingerebbero abbastanza lontano. Gli anarchici biocosmisti, al
contrario, rivendicano “la massima libertà e il massimo diritto della
personalità”, e con ciò la completa liberazione dalla “prigione della
natura” e la piena sovranità dell’uomo sullo spazio e sul tempo.
La
conquista dello spazio e il dominio sul tempo, rivendicati dai
biocosmisti con la tipica “impazienza rivoluzionaria” degli anarchici,
erano espressione di quell’atmosfera da nuovo inizio, carica di tensioni
utopistiche, tipica degli anni che seguirono la Rivoluzione d’Ottobre.
Regnava allora l’attesa che scienza, arte e tecnica, una volta liberate
dalle catene dei discordanti interessi particolari e, per la prima
volta, poste al servizio del bene collettivo dell’umanità, avrebbero
ricevuto uno slancio inatteso e aperto la strada verso un “futuro
luminoso”, abbattendo anche le ultime barriere che impedivano l’accesso
al “regno della libertà”, ossia le limitazioni dell’uomo nello spazio
dei processi geologici, meteorologici e cosmiici, il ringiovanimento
artificiale e ungamento indefinito della vita, fino arrivare alle
visioni relative al completo dominio e trasformazione dell’universo,
alla jne di un ultrapotente Uomo Nuovo e ragiungimento dell’immortalità.
Leo
Trotskij, il lucido rivoluzionario di professione, sognava un’epoca in
cui si considererà “il mondo come duttile argilla utile a modellare
forme di vita sempre più perfette” e sì imparerà “a spostare fiumi e
montagne e a edifìcare palazzi sulla cima del Monte i e sul fondo
dell’Atlantico”. L’uomo limiterà a riconfigurare la terra “secondo il
proprio gusto”, ma “armonizzerà” se stesso, “sottometterà i processi
indei proprio organismo... al control-a ragione e della volontà”,
divenen-al modo “più forte, più intelligente e isibile”. Lo scrittore
Maxim Gorkij a i popoli del mondo ad unirsi e a trare le proprie forze
nella battaglia la natura. Con l’entusiasmo acritico cienza tipico
dell'autodidatta, annun-‘Lavoro e conoscenza prevalgono su Senza dubbio
arriverà un giorno in cui l'uomo diventerà padrone della natura e pace
di prodigi tali da eliminare ogni e ostacolo al suo volere. Forse con-i
anche gli spazi interplanetari, vin-morte, così come tutte le malattie e
itime carenze. E allora si avrà, molto lmente, il paradiso in terra”.
Reintegrazione universale
L'edificazione
di un paradiso terrestre esigeva naturalmente che coloro che vi
avevano contribuito, i defunti, le “vittime sacrificali storia”, alla
fine vi avessero parte, con l'auusilio della tecnica e della scienza
avrebbero dovuto essere realizzato, senza ricorso alla dimensione
trascendente, ciò che fine dei tempi e la loro redenzione universale -
dal momento che per i Giusti non può esservi beatitudine in presenza di
un’eterna “massa dannata” e dei suoi tormenti infernali - e ciò cui la
filosofia russa, in maniera più astratta, aspirava come riproduzione
della originaria “uni-totalità”.
Tale progetto, una
complessiva e immanente opera di auto-perfezionamento e auto-redenzione,
ha trovato la sua formulazione più radicale negli scritti di Nikolaj
Fèdorov (1829-1903), il semplice e altruista bibliotecario del Museo
Rumjancev di Mosca. In Filosofia dell’opera comune, opera postuma
pubblicata in due volumi tra il 1906 e il 1913, Fèdorov esortava ad
unirsi nell’“opera comune” del dominio totale e della trasformazione
dell’universo, della lotta e del superamento della morte, e della
resurrezione - più precisamente: della completa
restituzione-riproduzione di tutti i morti. Il mondo, secondo Fèdorov,
verserebbe in uno stato deplorevole proprio perché dominato da morte e
distruzione, e sarebbe pertanto bisognoso di un rinnovamento completo.
Malattia e morte contrassegnano in maniera marcante la vita dell’uomo,
il quale da parte sua non possiede niente di proprio, neanche la “sua”
vita. Tutto gli è dato e può essergli tolto in qualsiasi momento. Una
simile esistenza non può dirsi libera, essa è anzi avvilente e priva di
senso. Scopo di un essere difettivo, consapevole della propria caducità e
della propria mortalità, non può che essere quello di diventare
immortale.
Causa di tutti i mali che conducono alla
morte è per Fèdorov una natura cieca e irrazionale che genera e
distrugge senza senso e scopo. Occorre pertanto liberarsi da questa
dipendenza attraverso la progressiva sotto-missione della natura alla
ragione. E solo l’uomo, in quanto essere razionale e creativo, è capace
di tale impresa. Solo l’uomo, attraverso il lavoro “proiettivo”
dell’opera comune, può trasformare il dato naturale.
qualcosa di
elaborato, razionalizzato, “artificiale” e perciò imperituro. Attraverso
il dominio su se stesso e sulla natura esterna, e la loro
trasformazione in un’“opera d’arte”, l’uomo-artista elimina ogni
scissione, distruzione, transitorietà, e ogni limitazione di spazio e
tempo. Dimostrare che tale atto costituisca anche un obbligo morale
dell’uomo costituisce l’obiettivo etico principale di Fèdorov, il quale
soleva definire la sua dottrina “supramoralismo”. Sotto il dominio della
morte, l’esistenza umana infatti non è solo priva di senso, ma anche
immorale: finché l’uomo riceve la vita attraverso la nascita invece di
crearla da sé, egli la toglie ad altri e si rende pertanto colpevole nei
loro confronti. Un’esistenza costruita “sulle tombe delle generazioni
precedenti” è per Fèdorov profondamente riprovevole e l’idea di un
“progresso” rispetto alle vittime sacrificali è cinica e assurda. L’uomo
ha pertanto il dovere di creare vita e restituirla a coloro da cui
l’ha ricevuta; egli ha il “dovere della resurrezione”.
Dal
momento che tutti gli uomini hanno ricevuto la propria vita, tale
dovere si estende senza eccezioni all’intera umanità. Da ciò nasce
l’appello morale rivolto a tutti i viventi (i “figli”) ad unirsi
fraternamente per sconfiggere la morte e restituire fisicamente tutti i
defunti (i “padri”) tramite razionali mezzi tecnico-scientifici. La
stessa resurrezione dei morti viene descritta da Fèdorov in maniera
completamente meccanico-materialistica come un rintracciarne,
raccoglierne e sintetizzarne le “particelle” disperse, come un compito
“della tecnica e dell’arte cosmotellurica”. Analogamente ad altri
pensatori dell’epoca, Fèdorov partiva dal presupposto che bastassero
solo poche informazioni su di un uomo per ricostruirlo nella propria
individualità. La “formula strutturale” di un uomo sarebbe contenuta in
tutto ciò che egli ha prodotto, ragione per cui di tutte le generazioni
scomparse prende il posto della riproduzione “naturale”, la quale
produce solo aborti destinati alla morte e perpetuanti il ciclo
insensato di nascita e morte in uno stato di cieca colpevolezza naturale
destinato a condurre il mondo al declino. L’amore filiale deve
sostituire il desiderio sessuale, e la “forza spaventosa che si
manifesta nella libidine” deve servire non più alla moltiplicazione ma
alla creazione di una vita immortale.
Resurrezione di tutti e
completa liberazione dalle catene della natura mortifera. Solo la
comunità completa dell’umanità (compresi i defunti) è in grado di
compiere l’universo e trasformarlo in un’opera d’arte.
Sarà
possibile parlare legittimamente di perfezione e immortalità solo quando
tutti, senza eccezioni, vi avranno parte e il dolore e l’ingiustizia
accumulatisi nel corso della storia sarà cancellato. Il progetto di
redenzione di Fèdorov risulta in tal modo completo: creato da tutti per
tutti, il suo paradiso intramondano realizza l’unità di tutti gli uomini
nel tempo e nello spazio, e non conosce più né “dannati” né “vittime
della storia”.
Lo scopo di Fèdorov corrisponde a quello espresso
dalla rappresentazione ereticocristiana di una “reintegrazione di
tutti”, e in questo si distingue da tutti i progetti di immortalità
elaborati dagli autori di sinistra del tempo. Questi, infatti,
riservavano non a tutti la resurrezione e una vita illimitata. Le classi
sconfitte dalla storia, gli sfruttatori e i “nemici del popolo” devono
sparire senza lasciare tracce. L’immortalità resta riservata ad una
elite, grandi personalità, martiri socialisti e eroi rossi. Il
principale documento di ciò è rappresentato dalla laboriosa
conservazione della salma di Lenin, il quale attende, incorruttibile, la
resurrezione nella sua bara di Biancaneve.
La reintegrazione di
tutte le generazioni nell'essere immortale non implica solo la vittoria
sul tempo, essa necessità anche della conquista dello spazio.Infatti
senza il dominio sullo spazio stellare la coesistenza simultanea di
tutte le generazioni non è possibile, e dall'altra parte il completo
dominino stellare è altrettanto impossibile senza la resurrezione».
Nella ricerca della avi”, i “figli” si liberano delle forza di gravità”,
espressione della caducità e della mortalità. Essi non oziosi
passeggeri della Terra”, ;ma trasformeranno piuttosto quest’ultima in un
astronave con cui esploreranno le immensità dell'universo, facendone lo
spazio vitale delle generazioni risorte. La resurrezione globale
secondo le parole di Fedorov, coinciderà con la “vittoria completa su
spazio e tempo, così, con la fine della storia: ‘dalla Terra al Cielo’ è
la vittoria sullo spazio (onnipresenza). Il la morte alla vita o la
simultanea coesistenza di tutte le discendenze (generazioni è il
trionfo sul tempo», Per penetrare nello spazio cosmico e assicurarsi
esistenza in tutti i mondi dell’universo l'uomo deve acquistare la
capacità di creare il proprio corpo, e cioè di sintetizzarlo nateria
cosmica elementare. “Il nostro corpo deve essere la nostra opera”, non
si stancherà di dichiarare Fedorov. Solo in tal modo l’uomo si
trasformerà gradualmente da essere di natura caduco in un’opera
artificiale-indipendente e autoregolata. Nel corso di questo processo
egli amplierà il proprio orizzonte, incrementerà la propria sensibilità
con l’accrescersi del sapere aumenterà il suo potere. Tramite
“regolazione picofisiologica”, il controllo del-manifestazioni
corporeo-spirituali, egli si creerà organi «che non solo saranno capaci
il crescere dell’erba, ma anche o delle molecole e degli atomi di tutto
l'universo, condizione della resurrezione e della riconfigurazione
dell’intero universo.
. Anche gli strumenti di cui l’uomo si serve
diventeranno organi del suo corpo artificiale. Nonostante tali
mutazioni, l’uomo non perderà propria essenza, al contrario egli sarà
più se stesso con il realizzarsi di cio che era rimasto fino allora solo
nei pensieri o nei desideri: “le oscillazioni dell’anima diventeranno
ali del corpo”.
In proposito, Fedorov sviluppò una
serie di arditi progetti tecnici, che spaziano dal controllo e dalla
regolazione dei processi climatici all’utilizzazione dell’elettricità
atmosferica attraverso l’ausilio di dirigibili, fino alla trasformazione
della terra in un’astronave manovrabile verso la conquista
dell’universo e la colonizzazione dei pianeti. Alcuni di questi progetti
furono ripresi nella propaganda degli anni che seguirono la
Rivoluzione, per essere poi dimenticati.
Le cose
andarono diversamente al programma di conquista dell’universo, con cui
un bizzarro e quasi sordo insegnate di fisica e matematica di provincia
acquisì in quegli stessi anni una fama mondiale. Si tratta di Konstantin
Ciolkovskij (1857-1935), “il padre della moderna tecnica missilistica”.
Già in vita lo schivo “eccentrico di Kaluga” divenne un eroe della
propaganda sovietica; e dopo la sua morte, il consiglio dei commissari
del popolo decretò l’edificazione di un monumento per immortalarne il
ricordo. Con l’inizio dell’epoca dei viaggi spaziali, Ciolkovskij fu
definitivamente acclamato come un eroe. In suo onore fu costruito a
Mosca un mausoleo gigantesco situato davanti all’hotel “Kosmos”, la sua
casa a Kaluga divenne un museo, il suo ritratto appare su francobolli,
medaglie e cartoline; strade e scuole gli furono dedicate e fu girato un
film sulla sua vita (il poeta Evgenij Evtusenko ne interpreta il ruolo
principale).
Resta tuttavia pressoché ignoto il fatto
che Ciolkovskij abbia sviluppato una singolare “filosofia cosmica”.
Considerata dall’autore la propria prestazione più significativa, questa
fu la matrice esplicita di tutti i calcoli,
i
progetti cosmonautici e le innovazioni costruttive in cui questi fu
impegnato in tutto il corso della sua vita. I viaggi nello spazio
rappresentavano per Ciolkovskij, come per FSrlnrnv solo un mezzo, uno
strumento
Inizialmente, l’interesse di Ciolkovskij era rivolto
esclusivamente ad assicurare le condizioni della sopravvivenza
dell’umanità. Giacché la vita sulla terra è minacciata da
sovrappopolazione e catastrofi e, con lo spegnersi del sole tra 20
milioni di anni, su di essa incombe la “morte termica”, per assicurare
la propria sopravvivenza in quanto specie, l’umanità dovrà abbandonare
la terra e migrare nello spazio cosmico. Celebre e assai citata
l’affermazione di Ciolkovskij del 1911: “La terra è la culla
dell’umanità. L’umanità non può tuttavia restare in eterno nella culla.
Spinta dal desiderio di luce e spazio, essa varcherà dapprima
timidamente il confine dell’atmosfera, per lanciarsi in seguito alla
conquista dell’intero sistema solare”.
Secondo
Ciolkovskij, tramite la conquista delle sfere interplanetarie e
intergalattiche l’umanità potrà ridimensionare i pericoli legati ai suoi
condizionamenti cosmologici, schiudere nuovi spazi vitali e nuove fonti
energetiche, diventando una forma di vita indelebile nell’universo. Ma
l’emancipazione dalla terra non è finalizzata solo a garantire la
sopravvivenza, essa crea piuttosto il presupposto necessario per
l’auto-perfezionamento dell’umanità: secondo Ciolkovskij, tramite
selezione artificiale dei migliori, eliminazione degli inferiori e
procreazione asessuata (partenogenesi) sorgerà una nuova specie di
superuomini, i quali saranno così superiori all’uomo contemporaneo,
fisica-mente, intellettualmente, moralmente e esteticamente, come questo
si distingue dalle forme di vita inferiori. Nel corso dell’evoluzione
cosmica, l’umanità perderà la propria corporeità, si trasformerà in una
sorta di radiazione e così diventerà “immortale nel tempo e infinita
nello spazio”. Già nel 1911 aveva scritto: “La vita dell’umanità non ha
limiti, e neanche il suo intelletto e la sua opera di perfezionamento.
Il suo progresso dura in eterno . E se cio è vero allora non c'è alcun
dubbio che essa possa raggiungere l'immortalità.
Il potere dei perfetti
La
fede di Ciolkovskij nel progresso ha tuttavia conseguenze spaventose.
Dal momento che ogni atomo porta con sé l’aspirazione alla perfezione e
alla felicità, l’“etica del cosmo” pretende che non ci sia “in nessun
luogo dell’universo” neanche la minima traccia di malattia, dolore e
follia. Compito dell’uomo è di agire in sintonia con tale anelito
universale e di eliminare come fonti di sofferenza e vittime sacrificali
tutte le forme di vita imperfette, inutili e nocive - tra queste il
vegetariano Ciolkovskij include tutti gli ammali, la maggior parte delle
piante, ma anche gli uomini fisicamente e moralmente difettivi. “Il
fondamento delle nostre leggi”, scrive Ciolkovskij già nel 1917, “deve
essere il perfezionamento dell’uomo e l’eliminazione di tutte le forme
di vita imperfette”. A differenza di Fedorov, la cui attenzione era
rivolta in via prioritaria a compensare la colpa nei confronti dei
“padri”, Ciolkovskij è interessato esclusivamente all’allevamento di una
nuova superumanità: “Il potere dei perfetti si estende su tutti i
pianeti, tutti gli spazi vitali, ovunque. Senza infliggere dolore, esso
estirpa tutti i germogli imperfetti della vita e li sostituisce con il
proprio genere maturo. In ciò l’uomo si comporta come il giardiniere che
elimina dal terreno tutta l’erbaccia inutile e vi lascia solo la
verdura migliore!”
Portare a compimento in maniera
mirata l’opera della natura tramite allevamento, innesti e
annientamento, accelerare in maniera violenta l’“estinzione”
dell’“imperfetto” che ancora “sopravvive” per aprire la strada al
progresso, all’uomo nuovo - questa è nel ventesimo secolo una figura
fondamentale del pensiero totalitario. Ciolkovskij ritorna continuamente
su questo tema, dilungandosi con piacere in pedanti descrizioni circa
il programma di isolamento e estirpazione di tutte le forme di vita
inutili e dannose per mezzo di squadre di lavoro rigidamente organizzate
durante il processo di tarsformazione dell’universo in un paradiso
cosmico a felicità».
La filosofia cosmica» della
redenzione e sviluppata da Ciolkovskij è una stravagante miscela di
elementi filosofici e visioni del mondo. Ciolkovskij si definiva un
“biocosmista” e un “panp-sichista' credeva che la materia fosse animata e
parlava di “atomi viventi e gioiosi. Egli definiva l’universo come un
“esse vivente dotato di ragione e di “volontà assoluta' determinanti
anche l’agire umano. Egli credeva inoltre in esseri immortali, molto più
sviluppati degli uomini quasi incorporei e perciò pressoché
impercettibili per l’uomo. Era convinto che questi esseri - i quali
nelle sue descrizioni presentano analogie con angeli o spiriti -
intervengano nella vita in maniera benefica dell'uomo, siano in grado di
leggere i suoi pensieri e di fargli pervenire messaggi tramite segni
celesti” - egli assicurava inoltre di aver osservato personalmente e in
più occasioni siffatti segniti segni.
La
rapresentazione di Ciolkovskij di una parte dell'umanità protesa verso
uno sviluppo costante e destinata a trasformarsi infine in una
radiazione luminosa costituisce un motivo centrale del mito gnostico, un
mito risalente all'antichità e ampiamente diffuso nella cultura russa
attraverso le «dottrine segrete di teosofi e antropofosi. Lo scopo del
processo universale sarebbe la liberazioione divino-luminosa dell’anima
umana dal cupo e sofferente corpo terreno e al paradisiaco regno della
luce.
Gli esseri inferiori e decaduti nel mondo, tra cui vanno
annoverati in particolare gli animali invece vanno ricacciati e
annientati.
È interessante notare come dottrine esoteriche
relative alla redenzione universale rappresentino il movente delle
ricerche e delle attività tecnico scientifice di Ciolkovskij, le quali
sono poi alla base del programma spaziale sovietico e della sua
propaganda.
La pretesa di trasformare e dominare
l'universo, e di eliminare la morte si fonda su una comprensione magica
della scienza e della tecnica, ovverossia sul pensiero di matrice
gnostica secondo cui l’uomo, attraverso il sapere, assumerebbe il potere
sulle potenze di questo mondo e trasformerebbe completamente il mondo
in funzione dei propri scopi, per diventare egli stesso onnipotente,
onnisciente, onnipresente e immortale. Le radici di tale pensiero
affondano nelle visioni utopistiche del diciottesimo e diciannovesimo
secolo e nelle sue concezioni materialistico-positivistiche. Secondo
tali concezioni, un costante progresso verso il meglio, fondato sullo
sviluppo della scienza e della tecnica, culminerebbe da ultimo - e qui
emerge il suo carattere di rimitizzazione o risacralizzazione - in una
redenzione di sé dalla propria finitezza e in un paradiso in terra.
Le
conseguenze terroristiche di tale fede in un progresso e in una
redenzione intramondane sono note: la “ribellione contro la morte” ha
prodotto milioni di morti e la “liberazione dalla prigione della natura”
ha coinciso con l’allestimento della più grande prigione della terra.
Retrospettivamente, è possibile identificare il motivo per cui i
progetti utopistici poterono rovesciarsi nel proprio opposto distopico.
Si vede bene infatti - anche in Fèdorov - come l’esclusività
dell’onnicomprensiva “opera comune” non ammette deviazioni o soluzioni
individuali. Sviluppati allo scopo di condurre l’umanità nel regno della
felicità, i progetti futuristici dei primi anni del ventesimo secolo
divennero dottrine salvifiche dotate di potenza storica.
In
Russia, lo scientismo magico, unito all’aspirazione all’immortalità e
ad una vita celeste, è ancora molto virulento. Ne è una testimonianza il
cosiddetto “cosmismo russo”, un’ibrida ideologia sorta nel tardo
periodo sovietico e dotata di ampia risonanza nell’epoca post-sovietica.
Celebrata dai suoi sostenitori come redentrice “filosofìa del futuro,
il cosmismo russo proietta l'immagine di un umanità che , in quanto
consapevole e attivo pilota dell’evoluzione, allarga la propria
“noocrazia” su spazio e tempo, fino a raggiungere lo status di divinità
in quanto onnipotente e immortale “superorganismo” al termine della
realizzazione di un piano cosmico, rischiarando di senso l’intera storia
e le sue vittime.
Anche in occidente, anche se
lievemente mascherati, ritornano i progetti in apparenza stravaganti
della modernità russa nelle visioni dell’ipermodemità. I “padri”
resuscitati di Fédorov, meccanicamente ricomposti a partire dalle loro
“particelle”, si sono trasfigurati in macchine umane - robot, cyborg,
androidi —, mentre le neuro- e le nanotecnologie, insieme alle
tecnologie genetiche, stanno cancellando i confini tra organico e
artificiale, creato e procreato. L’“eroe rosso” non sopravvive più
adesso “custodito nel gran cuore della classe operaia” o mummificato in
un mausoleo, bensì scannerizzato in un computer e come clone replicante.
(trad. it. dal tedesco di Paolo Primi)
Note
1 Intervento apparso sulla Frankfurter Allgemeine
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